Missioni Consolata - Marzo 2020

dito contro Cina, Laos e anche Cambogia, per i progetti scellerati di sbarramento del Mekong. Il problema, comunque, è la situazione globale dell’intero corso del fiume, non attribuibile a una diga specifica, sia essa in Laos, Cina o Cambogia. A oggi, infatti, è prevista la realizza- zione di 124 dighe lungo l’intero bacino del Mekong - inclusi dunque i fiumi tributari -, con i quali si potrebbero generare 268 Gigawattora (GWh) di energia rinnovabile all’anno (l’equivalente dell’80% del fabbisogno lordo italiano). Di queste 124 dighe, 32 sono già funzionanti e 24 in costruzione, mentre la messa in opera delle restanti è prevista nei prossimi venticinque anni. Trasferimenti forzati Un altro sbarramento del Mekong che desta preoccupazione, è la mega diga di Pak Beng, sempre nell’alto Laos, a Est di Luang Prabang, in uno dei settori più belli del fiume: «Al momento non ci sono scavi, ma spesso ci sono ingegneri e geometri a fare misure e rilevamenti», spiega Vilang Mak, una guida del gruppo Shampoo Tours , specializzato in crociere sul Mekong. «La diga porterà allo stop del turismo in queste zone, le crociere qui diventeranno un ricordo», conti- nua Vilang. Secondo gli ambientalisti, 25 villaggi indigeni in Laos e due in Thailandia saranno spazzati via con la costruzione della diga, oltre 6.700 persone dovranno essere trasferite forzatamente. I trasferimenti sono già iniziati. Nei pressi della diga Lower Sesan II in Cambogia, migliaia di persone hanno dovuto lasciare le proprie abitazioni per fare spazio al nuovo bacino. Anche in questo caso le compensazioni erogate sono state irrisorie e le new town costruite per ricollocare una parte degli sfollati sono sostanzialmente invivibili. Una situazione destinata a ripetersi per ogni progetto che verrà completato. Contribuendo ad un deterioramento generale della sicurezza alimentare nell’intera regione. milioni di persone traggono sostegno da questo bacino», spiega Pianporn Deetes, dell’organiz- zazione International Rivers . «Governi e imprese private hanno deciso di costruire dighe che impatteranno su pesca, turismo, agricoltura. Dighe come la Xayaburi saranno fonte d’instabilità, una piaga, in particolare per i più poveri. Tantissimi villaggi, specie comunità indigene, perderanno i loro territori, abbandonando costumi e tradizioni. La sicurezza alimentare per milioni di persone è a rischio». Dalla Cina al Vietnam: 124 dighe I proprietari della diga Xayaburi, a loro volta, attribuiscono il prosciugamento del letto del fiume ai monsoni tardivi e all’impatto comples- sivo delle dighe cinesi, ben 11 nell’alto Mekong, già finite nel mirino del segretario di stato Usa, Mike Pompeo, che le ha definite un rischio per la stabilità idrica del paese, un accaparramento del fiume da parte di Pechino. Ulteriori preoccupazioni interessano il Vietnam, ultimo paese attraversato dal Mekong: secondo Nguyen Thu Thien, un geografo esperto di aree umide della University of Wisconsin , «il Vietnam potrebbe perdere il delta e tutta la sua produzio- ne di riso entro il 2050. Milioni di impoveriti saranno costretti a fuggire, se le dighe andranno avanti». Dati allarmanti per Hanoi, che punta il ssier 40 marzo 2020 Il Vietnam potrebbe perdere il delta e tutta la sua produzione di riso entro il 2050 “ Qui: Stung Treng, Cambogia. Vista aerea della diga di Sesan II. Il progetto, una joint venture tra un potente uomo d’affari cambo giano e una società statale cinese, è stato controverso sin dal l'inizio, con preoccu pazioni per l'impatto ambientale, sullo stock ittico e sul flusso di sedimenti, ma anche per le migliaia di indigeni del luogo. © Thomas Cristofoletti

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