Missioni Consolata - Marzo 2020
l’hotspot, dove chi arriva senza documento viene trattenuto du- rante le pratiche del foto segna- lamento prima di essere man- dato nei centri della Sicilia o del resto d’Italia, nei quali rimarrà in attesa di una risposta alla richie- sta di protezione internazionale. A fine settembre 2019, l’hotspot, che ha una capienza massima di circa 95 posti, è sovraffollato. Sono presenti intorno alle 250 persone in attesa di essere tra- sferite. La maggior parte sono tu- nisini. Tra di loro anche alcuni ra- gazzi eritrei e altri originari del- l’Asia, tra cui Bangladesh. Louay, come altri ragazzi, esce da un buco nella recinzione che percorre il perimetro dell’hotspot e si dirige verso la chiesa del paese, dove il parroco ha messo a disposizione il wifi gratuito. Indossa pantaloni rossi e una t-shirt bianca, il vestiario in dota- zione dell’hotspot. «Circa il 30% delle persone nel centro ha meno di 18 anni - racconta Louay mentre cammina sotto il sole caldo delle 2 del pomeriggio -. Il viaggio fino a Lampedusa da Sfax è durato 36 ore circa e la barca su cui ero io era solida e il mare calmo. Ce l’abbiamo fatta. Ora però il mio obiettivo è andar- mene da qui». MC A I dati sconfessano le dichiarazioni dei politici Arrivi dimezzati, morti aumentati L ouay è una delle 11.741 persone arrivate in Italia nel 2019 sulla rotta del Mediterraneo centrale secondo i dati dell’Unhcr/Acnur, Alto commissariato delle Na- zioni Unite per i rifugiati. Gli arrivi dell’ultimo anno sono i più bassi in assoluto dal 2012 e sono il 50,9% in meno dei 23.370 arrivi via mare del 2018. I numeri si sono molto ri- dotti negli ultimi 2 anni, se si considera che nel 2017 sono en- trate in Italia attraverso il mare 119.369 persone. Nonostante la riduzione degli arrivi, secondo le statistiche pubblicate il 3 gennaio 2020 sempre dall’Agenzia dell’Onu, nel 2019 sono morte o sono state dichiarate disperse 750 persone durante il viaggio. Nell’ultimo anno è aumentata la mortalità sulla rotta del Mediterraneo centrale con 65 persone morte o disperse su 1.000 rispetto alle 54,7 su 1.000 del 2018. Negli anni, i governi italiani hanno ridotto o eliminato le ini- ziative di soccorso in mare, a partire dal 2014 con la chiusura dell’operazione di salvataggio Mare Nostrum, per finire con la criminalizzazione delle navi per il recupero dei naufraghi ge- stite da Ong nazionali e internazionali. Secondo gli articoli 1 e 2 del decreto legge 53, detto anche Decreto sicurezza bis del 15 giugno 2019, attualmente in processo di modifica, il ministro dell’Interno «può limitare o vietare l’ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale» per ragioni di ordine e si- curezza e la sanzione per chi viola il divieto è una multa fino a 50mila euro per il comandante e la confisca della barca. In pratica, il decreto mette sullo stesso piano i volontari e gli operatori delle organizzazioni umanitarie che salvano i nau- fraghi in mare e i cosiddetti trafficanti, che lucrano sul tra- sporto dei migranti. La conseguenza di una condotta politica che elimina i soccorsi non è stata la riduzione degli arrivi, ma l’aumento dei decessi dei migranti in mare, che in genere viaggiano su imbarcazioni precarie ad alto rischio di avaria. Le partenze per l’Europa si sono ridotte non tanto perché siano cambiati i motivi che portano le persone a muoversi verso il Nord geopolitico, ma a causa degli accordi tra Italia e Libia firmati dal governo Gentiloni nel 2017, che autorizzano lo stato nordafricano ad aumentare i controlli per contrastare la migrazione cosiddetta clande- stina. Come conseguenza di questo accordo di esternalizzazione della frontiera europea, la polizia libica persegue e reclude nelle proprie car- ceri i migranti provenienti dall’area subsahariana ben prima che pos- sano prendere la via del mare e diri- gersi in Europa. Simona Carnino * Migranti | Turismo | Lampedusa | Fuga
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