Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2020

La prima, avvenuta nel 1784, è coincidente con la macchina a vapore, l’invenzione che ha con- sentito alle fabbriche di avviarsi verso un processo di meccaniz- zazione caratterizzato da velo- cità e potenza. La seconda, av- venuta nel 1870, è legata all’av- vento dell’elettricità e del petro- lio. Grazie a questa rinnovata potenza energetica, i livelli di meccanizzazione sono cresciuti ulteriormente fino a sfociare nella catena di montaggio che inaugura l’era della produzione di massa. La terza, avvenuta nel 1970, corrisponde all’ingresso in fabbrica dell’Ict, acronimo di Information and communication technology , in pratica l’informa- tica e le telecomunicazioni. E, infine, la quarta rivoluzione, dei nostri giorni, riassumibile in un mix di robotica, sensoristica, connessione e programmazione informatica. L’IMPATTO SUL LAVORO Ogni cambio tecnologico com- porta grandi impatti sul lavoro, per cui molti stanno cercando di capire quali novità porterà con se l’industria 4.0 in termini occupazionali e di trasforma- zioni professionali. Nel rapporto del 2017 intitolato Jobs lost, jobs gained , la società di con- sulenza McKinsey sostiene che, da qui al 2030, fra 75 e 375 mi- lioni di lavoratori a livello glo- bale potrebbero essere colpiti dall’automazione perdendo il loro lavoro attuale. Se dovesse avverarsi l’ipotesi massimale si tratterebbe del 14% di tutti gli occupati del mondo. In un’altra ricerca ( Will robots really steal our jobs? ), condotta nel 2018 da un’altra società di consulenza, la PricewaterhouseCoopers (PwC), si sostiene che la rivoluzione in atto si protrarrà fino al 2030 e procederà in tre ondate. La prima, fino al 2020, sarà caratte- rizzata dall’automazione delle funzioni contabili e riguarderà in particolar modo il settore finan- ziario. La seconda, fino al 2025, riguarderà non solo l’automa- zione di molte funzioni impiega- tizie e dirigenziali, ma compren- derà anche la massiccia robotiz- zazione di funzioni riguardante la gestione merci, come i centri logistici. Infine la terza ondata, fino al 2030, coinvolgerà al tempo stesso l’automazione di molte attività fisiche e manuali e l’automazione di funzioni che richiedono la capacità di risol- vere problemi in corso d’opera, come nel caso dei trasporti e delle costruzioni. Secondo PwC l’ondata di maggiore automa- zione si avrà nella terza fase, quando potrebbe interessare il 35% dei posti di lavoro a livello globale, pur con ampie diffe- renze fra le diverse parti del mondo. Dall’analisi condotta su 29 na- zioni di nuova e vecchia indu- strializzazione, emerge che i paesi a maggior rischio di auto- mazione sarebbero quella dell’Europa dell’Est, dove si prevede un rischio di automa- zione, da qui ai prossimi 15 anni, del 40%. L’area meno col- pita, invece, sarebbe quella comprendente i paesi con i più alti livelli di istruzione come la Corea del Sud e la Finlandia, dove si prevede un tasso di au- tomazione del 25%. Nella fascia intermedia, si collocano i paesi dominati dai servizi come gli Stati Uniti e l’Inghilterra con tassi di estromissione attorno al 35%. L’Italia si collocherebbe nella parte alta con un tasso di automazione del 38%. Quanto ai settori, ai primi posti si trove- rebbero quello dei trasporti e della logistica col 52% dei posti di lavoro a rischio di automa- zione. Seguono il manifatturiero col 45% e quello delle costru- zioni col 37%. I meno esposti saranno quelli dell’istruzione e della sanità. Venendo invece alle mansioni, la ricerca sostiene che il rischio di automazione è inversamente proporzionale al livello di stu- dio: più alto per le mansioni a bassa scolarità (45%), più basso per le mansioni ad alta scolarità (12%). In concreto i lavoratori più esposti sarebbero gli operai addetti alle macchine e gli im- piegati comuni con un rischio di automazione che è rispettiva- mente del 64 e del 54%. Lavoro | Salario | Sfruttamento | Equità LA SITUAZIONE IN ITALIA Volendoci concentrare sull’Ita- lia, si può fare riferimento al rap- porto dell’Istituto Ambrosetti, «Tecnologia e lavoro: governare il cambiamento», pubblicato nel 2018. L’Istituto valuta che nei prossimi 15 anni il 14,9% del to- tale degli occupati, pari a 3,2 mi- lioni, potrebbe perdere il posto di lavoro a causa dell’automa- zione. Quanto ai settori, sareb- bero a maggior rischio quello dell’agricoltura e della pesca (25%), del commercio (20%) e il manifatturiero (19%). I meno esposti quello dell’istruzione e della salute, rispettivamente al 9 e 6%. Quanto alle mansioni, i più a rischio sarebbero i lavora- tori meno qualificati e non lau- reati, ma rischiano molto anche i tecnici matematici, i commercia- listi e gli analisti di credito, che pur appartenendo a un livello di istruzione elevato svolgono mansioni facilmente sostituibili dalle macchine intelligenti. Nonostante tutto, McKinsey getta acqua sul fuoco soste- nendo che le nuove tecnologie creeranno anche posti di lavoro. Soprattutto per ingegneri, pro- grammatori, analisti, esperti di sicurezza informatica e di intelli- genza artificiale. Ma non oltre- passerebbero i 50 milioni a li- vello globale, per cui si avrebbe un saldo negativo pari a 300 mi- lioni di posti di lavoro. Uno scarto importante che però non crea sconforto nei sostenitori dell’innovazione tecnologica ad ogni costo, i quali trovano rassi- curazioni nella storia. Guar- dando alle precedenti rivolu- zioni industriali si nota che le in- novazioni tecnologiche solo in un primo momento generano di- soccupazione. Poi si attivano dei meccanismi di tipo econo- mico e sociale che fanno risolle- vare la marea occupazionale. Ad esempio, è sempre suc- cesso che le maggiori rese pro- duttive abbiano fatto lievitare i salari, facendo nascere nuove esigenze che hanno stimolato l’avvio di nuove attività produt- tive. In effetti dopo la seconda rivoluzione industriale si è assi- stito a uno spostamento di MC R 73 gennaio ~ febbraio 2020 MC

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