Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2020

roso in elemosine e pronto a pregare Dio. È uno di quei non pochi che vedevano nell’ebrai- smo un movimento profondo, spirituale, attraente e convin- cente. PROTAGONISTA È LO SPIRITO Non è Cornelio ad avvicinarsi di propria iniziativa al cristiane- simo, è invece Dio stesso, sotto forma di un angelo, a offrirgli di perfezionare il proprio avvicina- mento al Dio vero. Neppure gli spiega chi sia Gesù o gli fa di- rettamente dono dello Spirito Santo, perché il Dio cristiano, che ha creato il mondo come autonomo, non sopporta di vio- lentare la libertà umana, e si dà sempre attraverso gli uomini. Le voci divine, l’intervento di- retto di Dio nella stor33ia, è ben previsto negli Atti degli Apostoli, ma solo come anticipo o conferma di iniziative umane, non al loro posto. Nel mondo cristiano, Dio e l’uomo operano soltanto insieme. La visione spiega a Cornelio chi dovrà chiamare. Ma l’opera dello Spirito non è fi- nita qui. Se infatti il romano po- teva non sapere di chi avesse bisogno, colui che è chiamato dai suoi servi deve a sua volta convertirsi. Pietro era il primo degli apo- stoli, il primo dei Dodici, ma nei fatti non era il capo del movi- mento cristiano che non aveva un vero centro. Se davvero i cri- stiani avessero voluto un tale centro, l’avrebbero cercato a Gerusalemme, dove la chiesa sembrava essere già guidata da «Giacomo, il fratello del Si- gnore» (At 12,17; 15,13; cfr. 1 Cor 15,7; Gal 1,19). Non a caso, Pietro non si trova a Gerusalemme, a gestire la chiesa, ma a Giaffa, sul mare Mediterraneo, in casa di un al- tro Simone, conciatore. Il particolare del lavoro del Si- mone che ospita Pietro non pare essere secondario. Sem- brerebbe quasi che Luca in- tenda portarci per mano, passo dopo passo, a scoprire che cosa Dio abbia in serbo per i suoi. Pietro, infatti, mentre è in preghiera, si trova davanti a una visione strana (At 10,10-16). Ha fame, e dal cielo scende una to- vaglia con tanti animali di ogni tipo, compresi quelli che per la tradizione ebraica sono impuri. Sempre dal cielo viene una voce che invita Pietro a ucci- dere e cibarsi, ma lui si rifiuta, facendo notare che fin da quando era bambino aveva solo mangiato cibi puri. La voce, però, lo invita a ripensarci: «Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo profano». L’invito è chiaro, spinge il primo degli apostoli a non rispettare più le regole di purità rituale. L’obie- zione può essere che si tratta di una regola religiosa, e violarla significa andare contro Dio. Ma è qui che ci accorgiamo che Pietro già sta violando quella legge, in quanto i conciatori erano considerati impuri (erano costretti infatti a maneggiare ca- daveri, che rendono impuri). Pie- tro supera già la legge quando entra in rapporto con le per- sone, proprio come aveva fatto anche Gesù, mangiando con peccatori e lebbrosi (Mt 26,6), senza farsi scrupoli (Gv 8,3-11, ma gli esempi sarebbero tanti). Al centro della proposta cri- stiana c’è l’incontro, con Dio e con gli altri, e non c’è legge reli- giosa che possa venire invocata per contestare questa inten- zione divina di fondo. DIO ALLA GUIDA Pietro, dunque, segue i servi in- viati da Cornelio a chiamarlo. Non è senza significato la scena che si svolge quando entra in casa del centurione (At 10,25- 26), con lo stesso che si china davanti a Pietro che lo rimpro- vera spiegando: «Anche io sono un uomo!». Luca fa di tutto per ricordarci che anche quando è Dio a prendere in mano il vo- lante della storia (e qui lo fa!), non si muove senza la presenza commerci e un modello ideolo- gico potente. Roma si ritiene la garanzia della vita ordinata e fe- lice del mondo. Quando gli im- peratori si faranno venerare come dèi, daranno in fondo visi- bilità a una dimensione che, in forma implicita, era già pre- sente. Per i romani la vita e la storia avevano solo una garan- zia sicura: il loro potere, che ga- rantiva a tutti di vivere bene. Ap- poggiandosi e innestandosi sulla cultura greca, già diffusa nel Mediterraneo, i romani si pensano come coloro che inse- gnano a vivere a tutti e risol- vono tutte le tensioni. Do- vremmo pensare al modo con cui, nella seconda metà del XX secolo, si è proposta da noi l’e- gemonia statunitense, non solo e non tanto con la forza degli eserciti, ma con il fascino della sua ricchezza, della sua sicu- rezza, della sua moda. Non è un nemico più forte che mortifica, ma un fratello maggiore che punta a convincere e a sedurre, a offrire un modello di vita. Per questo il mondo ebraico - che pensava di non avere nel proprio Dio semplicemente un aiuto per uscire indenne dai ri- schi della vita, ma davvero un punto di riferimento definitivo per il quale si poteva addirittura mettere in pericolo la stessa vita - coglie nel potere romano qual- cosa di affascinante (molti ebrei, commercianti, sfrutteranno la pace e il benessere romani) ma anche di sottilmente pericoloso. Dentro a questo impero, poi, i centurioni non sono dei «ro- mani» come gli altri. Intanto sono soldati, cioè rappresen- tano il volto più antipatico e vio- lento di quella forza seducente. Poi, in quanto centurioni, non sono neanche soldati come gli altri, ma capi, che hanno voluto diventare tali e che possono fungere da funzionari dello stato. Nessuno diventava o re- stava centurione per caso o per- ché costretto dalle circostanze. Cornelio, peraltro, sembra es- sere il ponte più verosimile verso il mondo ebraico: è un centurione, sì, ma «religioso e ti- morato di Dio» (At 10,2), gene- MC R 33 gennaio ~ febbraio 2020 MC

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