Missioni Consolata - Dicembre 2019

sona, quindi quando passa un mes- saggio, riconosciuto negativo, che diventa un comportamento accet- tato, è molto difficile poi non solo discriminarlo, ma anche riuscire a cambiarlo. Perché allo stesso tempo tutti noi, tendiamo a costi- tuire un gruppo, come la società, e quindi riconoscerci in esso, con tutti i messaggi che vengono pas- sati. Ci sono state diverse manife- stazioni in cui gli addetti ai lavori si sono fermati e hanno cercato di analizzare determinate tematiche. Ad esempio, è un errore che il cal- cio giovanile, a mio modo di ve- dere, sia paragonato al calcio degli adulti. Intanto è diverso lo sport calcio dallo sport come professio- nismo, perché quest’ultimo è sottoposto alle logiche econo- miche per cui diventa un la- voro, e in questo ci sono va- lori che talvolta sono in con- trasto. Nel professionismo può capitare che si passi un messaggio legato al rispetto, al fair play riguardo all’avversario, ma poi in gioco ci sono degli inte- ressi economici elevatissimi, e non sempre si è coerenti nel promuo- vere un valore e poi dimostrarlo nella realtà. Invece quando si parla di calcio giovanile dovremmo mettere al centro del progetto i giovani, per cui non conta tanto la conquista di un risultato, che ci deve essere, ma di una crescita individuale. Non solo in funzione di un risultato che può essere fine a se stesso: posso vincere una partita ma magari non ho conquistato un miglioramento individuale. Per i ragazzi questo è determinante. Io non potrei alle- nare dei ragazzi adesso, perché la mia ambizione non è quella di rag- giungere una certa crescita per i ragazzi, ma è legata ad altri obiettivi, come arrivare a una determinata vetta nella car- riera, o rappresentare una maglia, o conquistare un risultato per di- mostrare un percorso. Ma quando si lavora con i giovani, tutto questo è secondario, anzi probabilmente non esiste neanche, diventa priori- tario e fondamentale concentrarsi sul ragazzo e porsi due domande: a che punto è come livello di cono- scenza e dove lo voglio portare? E poi seguire insieme a lui un per- corso. E la vittoria vera è il raggiun- gimento di questo obiettivo di cre- scita. Il risultato è poco impor- tante. Anche se una delle difficoltà più grosse con i ragazzi è insegnare loro ad essere competitivi senza perdere di vista la soddisfazione, qualora non raggiungessero il risul- tato, di aver comunque raggiunto un buon livello di crescita». La società sportiva deve farsi ve- dere garante di certi valori, ri- spetto al pubblico? «Sì, questa dovrebbe essere l’idea e molti operano in questo senso, però il mondo in cui viviamo è tale per cui spesso abbiamo comporta- menti diversi. Siano essi i compor- tamenti di alcuni genitori, che do- vrebbero avere chiaro qual è il per- corso per i loro ragazzi, sia esso il comportamento di certi allenatori, dirigenti o società sportive. È uto- pia pensare che si arriverà a met- tere al centro del pro- getto la crescita indi- viduale di ogni sin- MC A

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