Missioni Consolata - Dicembre 2019
FAMIGLIE MISSIONARIE DICEMBRE2019 MC 49 D tarsi con le proprie diocesi. Alcune diocesi non hanno le realtà ma i vescovi vorrebbero. C’è un grande movimento e una grande curiosità. È un’esperienza portatrice di grande fermento. Dove porterà non lo so. Don Luca Bressan dice, e io condivido, che dobbiamo lasciare che la cosa cresca, sostenerla con delicatezza, lasciando che le persone trovino il proprio spazio, senza codificare troppo, perché altrimenti si spegne lo spirito. È necessaria una grande attenzione. Ed è per que- sto che ci sono molte telefonate: come stai? Come sta quella coppia? La vai a trovare tu, o vado io?». È bella questa sinergia tra vocazioni differenti. «Io credo molto nel sostegno tra vocazioni diverse. Indirettamente queste famiglie sostengono me nella scelta che ho fatto e, per quel che sono ca- pace, a mia volta offro un sostegno, una presenza. Io credo che la Chiesa possa essere solo così. Non può esserci una Chiesa di separati, in cui i religiosi sono da una parte, le famiglie sono dall’altra e ognuno sta chiuso nella propria casa o convento. Mi piace la possibilità di mostrare un volto di chiesa diverso, il cui la suora, ad esempio, lavora come tutti, dà una mano in cucina se serve, può ac- compagnare i bambini al bagno e guardare i car- toni animati con loro. È considerata una persona come le altre. Questo è uno stile che vivo anche con la rete delle famiglie ignaziane da anni. Lavorare per questo ideale e per questa mesco- lanza a me dà una grande gioia. Poi non so come andrà e chi tirerà le fila di tutto, ma anche questo a me dà una grande gioia e libertà: provo a lavorare, e poi tutto è nelle mani di Qualcun altro». Questa esperienza è uno dei frutti che il Vaticano II continua ancora oggi a far nascere? «Per me è un’esperienza a contagio. Sono arrivati dei missionari che hanno fatto esperienza di mis- sione, e hanno iniziato a contagiare. È l’esperienza della semplicità che tu sperimenti solo in missione, con i più poveri, che a un certo punto trasforma la tua vita e non riesci più a vivere diversamente. Io la vivo così, non tanto pensando ai documenti della Chiesa. Certamente è uno sviluppo del Vati- cano II, certamente è in linea con il pontificato di papa Francesco e con tutti i documenti che lui ha scritto, perché uno dei punti cardine di questa esperienza è diffondere la gioia del Vangelo. Cioè far vedere che a essere cristiani si è felici, si è con- tenti, pur essendo incasinati. Perché i casini non li risparmia a nessuno la vita. Ma li vivi in un altro tipo di serenità, perché sai di chi sei, a chi appar- tieni e chi vuoi passare, chi vuoi trasmettere». Luca Lorusso cato nella pastorale, lo scambio avviene anche su dove stiamo andando, cosa stiamo facendo, cosa aiuta di più la parrocchia. Ma non è detto che tutte le famiglie siano coinvolte nella pastorale allo stesso modo». Quali sono i punti di forza di quest’esperienza per la famiglia, la parrocchia, il quartiere? «Il punto di forza per la famiglia è la possibilità di non chiudersi in sé, nei propri problemi, nella ge- stione faticosa della quotidianità, di aprirsi ad altri e di coltivare un orizzonte spirituale più ampio. Per- ché quando sei continuamente sollecitato dagli altri, ti devi rinnovare nella motivazione che ti abita. Questo è anche il punto di fragilità, perché, a volte, essere troppo sollecitati può creare disguidi. È necessario cercare un equilibrio sempre nuovo. Anche la comunità parrocchiale e il territorio ne hanno un beneficio, perché iniziano a vedere un volto diverso di Chiesa, la possibilità di confrontarsi con una fede più semplice, vissuta. Non è tanto una fede parlata, è una presenza accogliente. L’altra cosa bella, per me, è che alcune Famiglie missionarie a km0 prendono contatti con altre dio- cesi, altre regioni, altri paesi, ad esempio la Fran- cia, dove ci sono realtà simili: è come stare dentro un laboratorio continuo. Tutto questo crea una grande circolazione d’idee ed esperienze. Per esem- pio, alcuni da Milano sono andati qualche tempo fa a Padova a conoscere una comunità di famiglie ignaziane. Conoscere altri territori e stili è arric- chente, dà molto entusiasmo ed è un modo per so- stenersi a vivere una vita evangelica». Il gruppo di famiglie della diocesi di Milano può aiutare altre esperienze a emergere? «Ci sono diverse esperienze di famiglie che speri- mentano fraternità differenti ma non si conosce- vano tra di loro e non provengono da organizzazioni già costituite nelle diocesi. Adesso che con i conve- gni tenuti ogni due anni a Milano, con le trasmis- sioni televisive, i giornali, si inizia a vedere che c’è una realtà lombarda consistente, allora le altre re- altà più isolate incominciano a venire fuori e a chie- dere un confronto. Ne ho conosciute in Puglia, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Umbria, To- scana, in Sicilia… Alcune realtà iniziano a confron- Sotto : suor Enrica Bonino ( al centro ), con una giovane coppia al Cen- tro di spiritualità domestica del santuario di Sant’Antonio di Boves (Cn). | Qui : suor Enrica ( la prima a sinistra ) assieme a un gruppo co- stituito attorno agli esercizi spirituali nella vita ordinaria. Foto di copertina : Massimiliano e Sara Grasso con Elia nella cano- nica di San Grato a Mongreno (To). | Mattia e Corinna Longoni, fami- glia missionaria a km0, con i tre figli, durante il convegno del 2-3 novembre 2019 a Milano sull’esperienza del gruppo ambrosiano. D © Enrica Bonino
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