Missioni Consolata - Ottobre 2019
66 MC OTTOBRE 2019 Cooperando… Dalla teoria alla pratica: la cooperazione come punto di incontro Queste due visioni della coopera- zione sono posizioni irriducibili l’una all’altra, dal punto di vista fi- losofico. Ma questa irriducibilità non ha impedito che si sia trovato un punto di mediazione nel campo del fare, del trovare solu- zioni a problemi condivisi. Per realizzare il raccordo, è stato fondamentale l’incontro fra reli- giosi innovatori, a volte addirit- tura rivoluzionari, da un lato, e vo- lontari laici, dall’altro. La parola «laico» in questo caso significa il contrario di quello che potrebbe sembrare a un lettore esterno al mondo ecclesiale: non rimanda al laicismo ma al laicato, il com- plesso dei fedeli che non appar- tiene al clero. Un esercizio interessante per dare la misura di questo incontro è prendere la lista delle Ong ricono- sciute dal ministero degli Affari esteri e della Cooperazione inter- nazionale e scavare un po’ nella sezione Chi siamo dei rispettivi siti. Il risultato è abbastanza illu- minante: su 217 organizzazioni, ministero degli Esteri sono comin- ciati ad arrivare, la disponibilità di fondi - sia pubblici che privati - ha dato un’ulteriore spinta, e le cam- pagne di sensibilizzazione in Italia sono state numerose e molto par- tecipate. Anche la nostra rivista, che parla di cooperazione e di sviluppo sin dagli anni Settanta, ha inserito per gran parte del decennio 1980 - 1989 l’argomento fra i temi fissi trattati nelle rubriche. La lettura degli articoli sulla cooperazione di quegli anni è un tuffo più nel fu- turo che nel passato, tanto raffi- nata era già l’analisi delle cause delle diseguaglianze e tanto forte era il richiamo, oggi molto di moda, al cambiamento negli stili di vita. La nota della Cei su laici, missione e cooperazione citata sopra è arri- vata nel 1990 proprio per mettere ordine in questa relazione tanto vivace e animata da rischiare di diventare caotica. La Cei infatti, oltre al richiamo a non perdere di vista l’ispirazione cristiana, insi- steva sull’importanza di miglio- rare la preparazione sia spirituale che professionale dei volontari ed esortava a evitare permanenze troppo brevi e mal programmate. La cooperazione missionaria non è una parentesi, un periodo circo- scritto nella vita dei cristiani: è una scelta di vita che continua an- che al rientro dalle missioni. Cooperazione e missione oggi L’ultimo ventennio ha visto un’im- pennata nella professionalizza- zione della cooperazione. È nata la figura del cooperante, sono sorti corsi di studi a livello univer- sistario, la gestione del ciclo di progetto si è fatta più complessa, l’obbligo di trasparenza nella ge- stione dei fondi è oggi, giusta- mente, un imperativo. Quanto questo processo sia le- gato, in positivo, a un bisogno di affrontare in modo rigoroso una crescente complessità del mondo o, in negativo, agli obiettivi non raggiunti - e agli errori - di cin- quant’anni di cooperazione inter- nazionale, è un dibattito aperto. Il dato di fatto è che le organizza- zioni di origine missionaria, come una su tre circa ha per fondatore, ispiratore o dirigente, un reli- gioso, e quasi una su cinque è vi- cina al mondo missionario. Alcune Ong sono nate per sostenere il la- voro di uno specifico missionario, di un Istituto o di una Congrega- zione, altre sono emanazione di un Centro missionario diocesano, altre sono talmente missionarie di ispirazione che inseriscono la pa- rola anche nel nome. Gli anni Sessanta e Settanta sono stati una grande incubatrice per queste realtà: erano gli anni della decolonizzazione, delle crisi in Biafra e in Congo, delle campagne di Raoul Follereau; la Chiesa af- frontava il cambiamento epocale del Concilio Vaticano II e assisteva al sorgere, in America Latina, della teologia della liberazione. In Italia erano anni drammatici, di scontri politici e sociali, di forti ineguaglianze, evidenti in partico- lare nelle grandi città. Solo per citare alcune di queste realtà nelle quali missione e coo- perazione allo sviluppo hanno ini- ziato ad andare a braccetto, ricor- diamo che nel 1961 è nata la Cisv @ «al servizio dei poveri nella Torino allora meta degli immigrati dal Sud Italia». Nel 1973, raccon- tava qualche anno fa Stefania Ga- rini del Cisv alla nostra rivista, la stessa organizzazione ha inviato i primi volontari in Burundi anche su stimolo dell’allora arcivescovo di Torino, monsignor Michele Pel- legrino, «che auspicava una mis- sione animata anche da laici, rite- nuti in grado di creare maggior vi- cinanza con la gente» @ . Nel 1964 è nata Mani Tese , nel 1966 la Lvia , che l’anno dopo ha inviato la prima volontaria in Kenya ospite dei missionari della Consolata. La Focsiv , che federa gli organismi italiani di ispirazione cristiana (Ong e non), è nata nel 1972 e ad oggi raggruppa 86 organismi. Negli anni Ottanta e fino a tutti gli anni Novanta l’incontro fra mis- sione e cooperazione allo sviluppo era ormai una realtà consolidata e strutturata grazie all’impegno di tanti missionari e al coinvolgi- mento dei volontari laici cristiani: l’invio di questi ultimi in missione era regolare, i riconoscimenti dello status di Ong da parte del
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