Missioni Consolata - Ottobre 2019
42 MC OTTOBRE2019 D Padre Giorgio Marengo . Nato a Cuneo nel 1974, dopo il liceo clas- sico a Torino è entrato nei missio- nari della Consolata. A Roma per la formazione teologica, è stato ordi- nato sacerdote nel 2001. Assegnato al primo gruppo diretto in Mongolia, nel 2003 ha raggiunto la sua destinazione insieme a un confratello e a tre consorelle. Dal 2006 vive in una zona rurale a 430 km dalla capitale (Ulaanbaa- tar), dove in questi anni è nata una piccola comunità cristiana di cui è parroco, condividendone la re- qualche strategia di espansione o attraverso un’azione di convincimento simil-pubblicitario, ma come puro dono, in continuità con quanto i cristiani hanno sempre fatto: «Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo dò», diceva san Pietro (Cfr. At 3,6). E quel dono da lui offerto era precisa- mente il nome di Gesù Cristo, cioè la fede in Lui. Questa è la nostra chiamata. Mi pare evidente che noi missionari dovremmo essere trasfigurati in prima persona dall’incontro con Cristo: non si può favorire l’incontro con una persona che noi stessi non frequentiamo. La fede non si comunica come un oggetto qualunque, si può solo contribuire a ge- nerarla, mettendo in conto anche il rifiuto. Per questo la missione non è la diffusione di un’idea, ma ha a che fare con la gestazione di una vita. Essa richiede una profonda conversione innanzitutto in noi missionari. Se il Vangelo non ci attraversa pro- fondamente è difficile che riusciamo a condivi- derlo. Essere missionari è innanzitutto lasciarsi raggiungere personalmente dal Vangelo stesso, fa- cendoci plasmare da esso; allora sì, questa luce si effonderà intorno a noi. E lo farà attraverso quella moltitudine di coinvolgimenti che da sempre carat- terizza la vita del missionario: la carità, il dialogo interreligioso, la ricerca culturale, lo studio, l’ac- compagnamento nel cammino di fede. Proprio come succede qui in Mongolia, dove tentiamo di «sussurrare il Vangelo al cuore dell’Asia». Padre Giorgio Marengo GIORGIO MARENGO: MONGOLIA - SOTTO I CIELI INFINITI Sussurrare il Vangelo P er me essere missionario è aiutare le per- sone a incontrare Cristo, in particolare quelle persone che vivono in situazioni nelle quali tale incontro è obiettivamente difficile, a motivo dell’assenza della Chiesa o di una sua presenza limitata e parziale. Questo è ciò che la Chiesa chiama missione ad gentes ed è la nostra vo- cazione di missionari della Consolata, quella di of- frire la vita a Cristo per la prima evangelizzazione laddove non ci sono altri cristiani a poterlo fare. La Mongolia è una delle situazioni esistenziali dove - per vari motivi storico culturali - Cristo è ancora poco conosciuto. Essere al servizio di questo incon- tro è per me il dono più grande e ringrazio tanto il Signore di poter vivere in prima persona questa vo- cazione. Certamente questo è un mistero che ci su- pera e ci avvolge, ma è anche molto concreto, perché se Dio per raggiungerci ha scelto di farsi uomo, l’incontro con lui passa ancor oggi attraverso la nostra umanità. Questo secondo me è il cuore della missione. Tutto il resto è subordinato e finaliz- zato a questo cuore. Anche la promozione umana, che da sempre accompagna l’azione evangelizza- trice della Chiesa, si comprende alla luce di questo amore più grande e di questo desiderio che le per- sone incontrino concretamente la misericordia di Dio in Cristo. Il nostro specifico, come missionari, è proprio of- frire la possibilità di instaurare un rapporto perso- nale ed ecclesiale con il Risorto. Non in forza di una sponsabilità con gli altri missionari e missionarie con i quali vive. Nel 2016 ha conseguito il dottorato in missiologia alla Pontificia univer- sità urbaniana con una ricerca sul- l’evangelizzazione in Mongolia. Segue i primi passi di un piccolo cen- tro per il dialogo interreligioso e la ri- cerca culturale che i missionari e le missionarie della Consolata hanno avviato a Kharkhorin, l’antica capitale dell’impero mongolo.
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