Missioni Consolata - Ottobre 2019
OTTOBRE 2019 MC 25 stare fermo tutta la mattina. La scuola deve essere diversa anche come tempistiche. Ecco perché i missionari della Consolata si sono inventati la «scuola itinerante». Così la descrive padre Flavio: «È una scuola che si adatta ai periodi dell’anno e alla periodicità dei giorni. L’insegnante passa nell’ac- campamento dei pigmei e inizia a dare nozioni di base. Poi si integra con un cosiddetto “esperto” del- l’accampamento, ovvero un adulto che tiene lezioni su ele- menti specifici, come la caccia, la tessitura, e tutti gli altri aspetti della vita pigmea». Un’altra difficoltà nell’insegnare ai pigmei è il fatto che sono molto concreti e hanno difficoltà con l’a- strazione. «È piuttosto complesso ad esempio insegnare i numeri. Per spiegare il numero 8, ad esem- pio, prendo otto pietre, otto unità. Ma non c’è il concetto di una en- tità che si chiama “8”. Quindi il cal- colo resta molto difficile per loro. Così come per insegnare l’alfabeto occorre associare un suono a ogni lettera. Sono categorie che de- vono acquisire, non sono sponta- nee. Noi ci prepariamo le lezioni in lin- gua kibutu, che è una lingua bantu La scuola «inculturata» Un aspetto che ha interrogato molto i missionari è stato quello dell’educazione. «Il contatto con le altre popolazioni impone che i pigmei imparino a leggere e scri- vere - sostiene padre Flavio -. Dob- biamo però tenere sempre pre- sente che vogliamo valorizzare quello che loro danno per scon- tato, ma che stanno per perdere, ovvero la loro cultura. Per questo occorre prepararli in modo che siano in grado di conservare le loro tradizioni». I bantu si sono adeguati allo stile e ai costumi europei. Questo anche a livello di scuola, che è strutturata come quella dei paesi colonialisti. Ma se, ad esempio, per i belgi ci sono quattro stagioni, per i pigmei ce ne sono solo due, ovvero la sta- gione secca e quella delle piogge. Inoltre per loro non ci sono i mesi, ma le lune. Per la scuola del bam- bino pigmeo bisogna tenere in conto di tutto questo. Se da set- tembre a novembre può venire a lezione, da gennaio in poi è sta- gione secca, deve andare in fore- sta a cacciare e raccogliere il miele. Quindi partirà con i suoi ge- nitori, tornando magari dopo tre mesi. Inoltre, quando frequenta, il bambino pigmeo non riesce a MC A parlata anche dai pigmei, simile al kiswahili. A volte proiettiamo qualcosa su un panno bianco. Ab- biamo visto anche molto interesse da parte degli adulti, che lasciano le loro occupazioni per venire a vedere cosa stiamo facendo». Il villaggio mobile Il pigmeo non ha un villaggio sta- bile. La sua capanna si può co- struire in un giorno e, normal- mente, è un incarico delle donne. I gruppi sono composti da una tren- tina di persone, senza contare i bambini, e sono entità che si spo- stano. Inoltre, tradizionalmente, fino a pochi anni fa, non c’era un capo. C’erano dei referenti, responsabili di alcuni ambiti della vita della co- munità: chi per la caccia, chi per far nascere i bambini, chi per la tessitura, ecc. Adesso, che hanno contatti con i bantu, è nata l’esi- genza di avere un capo, perché oc- corre un referente unico per il gruppo. Un altro effetto della contamina- zione è quello legato alla monoga- mia. «I pigmei sono tradizional- mente monogami, perché in fore- sta non puoi permetterti due mo- gli e tanti figli. Oggi, con il contatto con i bantu, stanno assumendo al- tre usanze. Anche per la dote. Il matrimonio veniva fatto tra due gruppi con scambio di ragazze. Se si porta carne è per la festa co- mune, ma una ragazza vale una ra- gazza. Per i bantu, invece, se tua figlia si sposa devi chiedere dei beni all’altra famiglia. Diventa quasi una vendita. Tra i pigmei al servizio dei bantu iniziano a entrare le abitudini dei bantu». Anche dare uno stipendio a un pigmeo è difficile: «Si pagano tutte le settimane, perché una volta al mese non riescono a tenere i soldi. Un funzionario si trova ad avere un salario, ma non sa gestirlo. Spesso beve. Oppure paga anche per gli altri, condivide, come se nel giorno di paga avesse cacciato un grosso animale. Ci sono stati mae- stri elementari pigmei, ma sono stati un fallimento. È una perdita di identità al 100%: dicono di non essere più pigmei, però si accor- gono di non essere nemmeno Libro : il romanzo «L’oro del Congo», Da- niele Zanon e Daniele Gobbin, di Infinito Edizioni, racconta in modo avvincente la vita e i rapporti tra le popolazioni in questa zona d’Africa. In queste pagine : immagini di vita dei pig- mei bambuti in un mercato con i bantu; nella foresta; bambini dipinti per una fe- sta. | In alto padre Flavio con due anziane. # © AfMC Tommaso degli Angeli © AfMC Tommaso degli Angeli
RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=