Missioni Consolata - Ottobre 2019
20 MC OTTOBRE 2019 subisce brutali repressioni. Per le imprese è più conveniente far la- vorare gli operai con la sola forza muscolare, anziché investire in co- stosi macchinari di sgombero terra. Le miniere censite sono ol- INDIA I moti insurrezionali dei Dalit L’insurrezione armata più lunga Negli anni ‘70, nel Bengala, gli adivasi iniziarono una ribellione armata che conti- nua ancora oggi. Le tecniche sono quelle della guerriglia, ma la popolazione viene presa in mezzo. Una guerra dimenticata che è costata 7mila morti negli ultimi dieci anni. I primi moti insurrezionali violenti organizzati per combattere lo sfruttamento e la confisca delle terre agli adivasi scoppia- rono negli anni ’70 del secolo scorso in una remota città del Bengala settentrionale e proseguono ancora oggi, tanto che questa pare essere la lotta rivoluzionaria armata più lunga al mondo. L’antropologa sociale Alpa Shah ha studiato a lungo questi moti, descrivendoli in numerosi saggi e in un volume pubblicato in Italia da Edizioni Meltemi con il titolo «Marcia notturna». La ricerca- trice ha studiato il fenomeno a partire da un villaggio dello stato del Jharkhand divenuto roccaforte della guerriglia. Qui si concentrano infatti le mire di sfruttamento delle risorse minerarie da parte delle multinazionali. Mire che portano con sé anche la distruzione delle foreste e degli habitat tipici degli adivasi, sino ad allora completa- mente ignorati dai governi centrali. Vivono in villaggi che non hanno mai conosciuto elettricità, scuole e assistenza sanitaria. Il risultato è che, dopo la prima insurrezione di ispirazione maoista e marxista leninista, il governo ha etichettato i rivoltosi come maoi- sti e dà loro una caccia spietata da almeno una dozzina di anni, ov- vero da quando le foreste dell’India centrale e orientale sono pattu- gliate con continuità dall’esercito e da corpi specializzati che li combattono usando le loro medesime tecniche. Da un lato i guerri- glieri cercano di farsi amiche le popolazioni abolendo le oppressive gerarchie di tribù e casta, dall’altra squadre di vigilantes puntano a mettere gli adivasi gli uni contro gli altri, con conflitti locali che de- generano in spedizioni punitive contro i villaggi che spesso fini- scono dati alle fiamme. S ull’altro fronte i guerriglieri vogliono stanare i militari e li at- taccano facendo saltare con bombe i loro mezzi e uccidendo coloro che ritengono informatori della polizia. Questi rispon- dono con azioni altrettanto violente contro chi dà ospitalità ai rivol- tosi. Ai morti negli scontri a fuoco, secondo alcune fonti, stando sempre a quanto riferiscono i pochi giornalisti e avvocati per i di- ritti umani che riescono ad entrare in quelle zone, si devono ag- giungere anche quelli uccisi durante la prigionia e che vengono fatti passare come vittime in battaglia. Alla fine, delle circa 7mila persone che si stima abbiano perso la vita in questi conflitti nell’ul- timo decennio, il 40 per cento sono civili, con il resto suddiviso tra guerriglieri e militari. Altre 7mila persone, secondo i dati del South Asia Terrorist Portal , si sarebbero arrese e 8mila sarebbero state arrestate. M.G. © Alpa Shah
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