Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2019
44 MC AGOSTO-SETTEMBRE 2019 D D Incontro con suor Eugenia Bonetti UNA SUORA CONTRO LA TRATTA È stata una delle pioniere in Italia della lotta contro la tratta di esseri umani. Con il suo pi- glio battagliero, ma anche con la sua capa- cità di compassione, suor Eugenia Bonetti si è messa senza indugio al fianco delle vittime, per ri- scattarle dalla schiavitù, ma anche per dare loro voce, denunciando così un fenomeno che molti non volevano neppure vedere. Purtroppo anche oggi. Era il 1993, e suor Eugenia Bonetti - missionaria della Consolata, oggi ottantenne - era appena rien- trata in Italia, dopo aver vissuto 24 anni di missione tra le donne del Kenya. A Torino, dove era tornata a malincuore, è stata un’altra donna africana ad aprirle gli occhi con il suo grido di aiuto. Suor Eugenia si è ben presto ac- corta che il fenomeno che aveva di fronte non ri- guardava semplicemente la prostituzione, ma qual- cosa di molto più grave e orribile: tratta e schiavitù. Da allora ha condotto moltissime battaglie; ha con- tribuito a togliere dalla strada oltre 6mila giovani donne , soprattutto nigeriane; ha coordinato a lungo il network delle religiose italiane che operano nelle case di accoglienza - l’ex Ufficio tratta donne e minori dell’Usmi -; ha infine fondato l’associazione « Slaves no More », di cui è presidente, che ha realiz- zato un progetto pilota di rimpatri volontari assistiti di donne nigeriane, e che garantisce, grazie all’im- pegno di una quindicina di religiose, una presenza settimanale nel Cpr di Ponte Galeria a Roma (Il Cpr è il Centro di permanenza per il rimpatrio, ex Cie, centro di identificazione ed espulsione, ndr ). Di tutto ciò ha parlato anche in diversi libri, ma la sua figura e il suo impegno sono diventati partico- larmente noti soprattutto dopo che papa Francesco le ha chiesto di scrivere le meditazioni per la Via Crucis al Colosseo dello scorso 19 aprile. Suor Eugenia, che cosa ha significato scrivere quei testi? «Una grande responsabilità, ma anche un’opportu- nità unica. Quando ho ricevuto la telefonata del cardinale Gianfranco Ravasi che mi chiedeva di scri- vere le meditazioni per la Via Crucis sono stata presa di sorpresa. Ho vissuto quel periodo nella preghiera, ripensando alle parole di papa Francesco che parla di tratta come di “un crimine contro l’u- manità”. Ho pensato che la Via Crucis potesse scuo- tere le coscienze e per questo ho ac- cennato a valori come l’ugua- glianza, la fede, la fratellanza, la misericordia, l’amore in tutte le sue forme (di una madre, di un padre, di un fratello e di una sorella, di un amico, di un passante, di un soc- corritore), l’accettazione del diverso e del malato, di chi è in difficoltà. Ho fatto tutto attingendo ai molti anni passati a camminare sulle strade con queste donne, anni in cui le ho ascoltate, ci ho par- lato e le ho aiutate con il sostegno di molte altre re- ligiose e laici». Su cosa ha voluto insistere? «Ho cercato di includere tutte le forme di schiavitù presenti nel fenomeno della tratta, ma soprattutto ho tentato di sottolineare la condizione delle gio- vani donne distrutte da questa enorme piaga. Mi è sembrato giusto anche fare un appello: ai poteri e alla Chiesa affinché si prendano le loro responsabi- lità e agiscano mettendo l’essere umano sopra ogni altro valore e principio; alla società civile che, pur facendo molto deve fare sempre di più; ai clienti che sono parte attiva del problema». Non solo storie finite male, però… «Ho cercato di far riaffiorare anche la speranza, l’I- talia del riscatto, di tutti i volontari e operatori del terzo settore, capaci di stare accanto al prossimo e di aiutarlo. E di tutti coloro che rispondono alla ri- chiesta del Signore di mettersi in ascolto dei nostri fratelli e delle nostre sorelle. Mi sembrava impor- tante anche soffermarmi sulla forza di rinascita delle donne e sulla loro capacità di lenire il loro do- lore e il dolore altrui». Lei indica nel deserto e nel mare i nuovi cimiteri di oggi. Che cosa intende? «Nel deserto e nel Mediterraneo, continuano a mo- rire migliaia di uomini, donne, bambini: esseri umani bruciati dal caldo del deserto o annegati nel mare, senza un nome, senza un’identità, privati della dignità e dei diritti che tutti possediamo, nel- l’indifferenza quasi totale di paesi che preferiscono non decidere».
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