Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2019
(Lc 23,34; At 7,60), vedendo Gesù già pronto ad ac- coglierlo in paradiso accanto al Padre (At 7,56). Assiste alla scena un Saulo (At 7,58) che viene ci- tato per la prima volta ma diventerà importantis- simo negli Atti: come fa spesso, Luca si prepara con intelligenza gli sviluppi successivi. Ieri come oggi È umano idealizzare gli inizi, pensare alla prima ge- nerazione cristiana come a un tempo paradisiaco. Luca stesso, che scrive gli Atti degli Apostoli, ci in- vita a guardare a questa comunità come un mo- dello. Ma questo modello non è perfetto. La divisione tra ellenisti ed ebrei, che vigeva a Gerusalemme, si ri- trova anche tra i cristiani. Quando gli ellenisti si la- mentano, gli ebrei non pensano anche a loro, ma incaricano alcuni al posto loro. E non sembra che nessuno si sia mosso, tra i «giudei» (ossia, tra i cri- stiani che erano originari della Palestina), per di- fendere Stefano o gli ellenisti. I quali, da parte loro, fanno sorgere il sospetto di essere mossi al- l’odio per il tempio più dalla loro vicenda perso- nale che da ragioni teologiche, anche se poi elabo- rano anche queste. Se fossimo stati contempora- nei di Stefano, probabilmente lo avremmo definito attaccabrighe ed esagerato. Ma lo Spirito si muove anche dentro a queste ten- sioni umanissime, Dio scrive dritto anche su righe storte, la chiesa cresce anche grazie al sangue di Stefano, il quale potrà anche sembrare eccessivo, ma paga con la propria vita, e il suo martirio si fa a immagine della morte di Gesù, perché sia più chiaro che con il suo Signore risorgerà. Non tutto nella nostra chiesa è perfetto, ma que- sto vale anche per la prima generazione cristiana. E lo Spirito si muove anche nelle nostre imperfe- zioni. Angelo Fracchia (7. continua) Una Chiesa in uscita che i primi patriarchi non avevano ottenuto in ere- dità (7,5): ossia, Dio non è legato a un luogo. Peral- tro, quando gli ebrei si sono legati ad un culto, questo è diventato presto idolatrico (7,41-43: dal vitello d’oro in poi). Insomma, Dio era con Israele quando il tempio non c’era (7,45-46), mentre la co- struzione del tempio da parte di Salomone è stata sostanzialmente un fraintendimento della volontà divina (7,48-50), perché Dio non risiede in costru- zioni umane: addirittura, «fatto da mano d’uomo» (v. 48) era la definizione degli idoli. E ciò che era accaduto ai tempi antichi, il rifiuto dei veri profeti di Dio, si è rinnovato con Gesù (7,51-53). Il discorso è il più violento attacco contro il tempio condotto a partire dall’Antico Testamento dall’in- terno del mondo ebraico. Non ci sarà più niente di simile in tutto il libro degli Atti. E non dimentichia- moci che Pietro e gli altri continuavano a frequen- tare il tempio (At 3,1). Si potrebbe pensare che il risentimento di Stefano dipendesse dalla sua storia familiare? Può darsi, ma intanto le argomentazioni sono scritturistiche, l’inutilità del tempio è dimo- strata a partire dall’Antico Testamento, ed è un’i- nutilità che non era saltata fino ad allora agli occhi dei cristiani. Il primo martire (At 7,54-60) Chi ascolta Stefano capisce la portata del suo di- scorso. E reagisce come forse è inevitabile che ac- cada. Stefano ha appena affermato che il tempio, «il luogo che Dio si è scelto dove porre la sua di- mora tra gli uomini» (Dt 12,5; Ez 37,27), è conside- rato inutile da Dio. Per i Giudei è una blasfemia, punibile con la pena di morte, sostenuta per di più con argomenti biblici, quindi è ancora più incisiva e offensiva. Infatti, Stefano non viene giustiziato in modo regolare, benché venga ascoltato davanti al sinedrio, ma viene linciato. E muore come il suo Signore, affidando il proprio spirito a Gesù (At 7,59) come Gesù lo aveva affi- dato al Padre (Lc 23,46) e perdonando chi lo uccide © AfMC / Benedetto Belelsi. Panorama di Gerusalemme
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