Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2019
garanzie di solidità e quindi di re- stituzione del capitale e dell’inte- resse. Così lo spread da «indica- tore di rendimento» si è trasfor- mato in «indicatore di rischio paese». Esprime la fiducia del mercato sulla capacità dei singoli governi di restituire i prestiti rice- vuti: spread alto fiducia bassa, spread basso fiducia alta. Ed è pro- prio il tema della fiducia che ge- nera preoccupazione nei governi ed ha trasformato lo spread in un ricatto. Preoccupazione non tanto per i titoli in circolazione, quanto per quelli di futura emissione. Il mercato, infatti, aspetta i governi deboli al varco e quando si presen- tano per collocare titoli di nuova emissione ricorda loro che attra- verso la caduta dei prezzi, il mer- cato li ha giudicati debitori poco affidabili, ossia più rischiosi. Quindi, se vogliono nuovi denari, devono essere disposti a pagare tassi di interesse più alti, perché così esige il mercato: a rischio ele- vato deve corrispondere com- penso elevato. Ed ecco la spirale: spread più alti generano spesa per interessi più alti e quindi debito più alto in una rincorsa alquanto pericolosa. Lo abbiamo sperimen- tato nel 2012 quando la spesa per interessi crebbe dell’11% a seguito del tracollo dei nostri titoli avve- nuto nel 2011. I riflessi sulle banche Oltre che per il futuro dei bilanci pubblici, lo spread che cresce mette paura anche per le ricadute sul costo dei mutui a interesse va- rende l’1%, lo spread del titolo ita- liano è di 200 punti base. Se sale a 500, come è successo nel 2011, vuol dire che la differenza di rendi- mento fra i due titoli è al 5%. Fin qui il ragionamento è piuttosto lineare. Rendimento e rischio Le complicazioni arrivano se ten- tiamo di capire in che modo lo spread dà indicazioni sul prezzo e perché la sua crescita è motivo di preoccupazione per il paese bersa- glio. I due temi sono collegati: se capiamo l’uno, capiamo anche l’al- tro. Concentriamoci sulla relazione fra prezzo e rendimento, partendo dalla nascita del titolo. Su di esso ci sono tre numeri che rimangono tali fino alla morte: la durata, il va- lore nominale e il tasso di inte- resse. Se il suo valore nominale è 100 euro, la durata 12 mesi e il tasso di interesse 3%, quel titolo frutta 3 euro. Quei tre euro sono indiscutibili, ma a seconda del prezzo pagato sul mercato secon- dario assume un diverso valore percentuale. Se, ad esempio, il giorno dopo l’emissione viene ri- comprato a 90 euro, il vero tasso d’interesse sarà del 3,3%. Da cui l’analogia: spread in crescita prezzo in discesa. A cui segue una seconda analogia: prezzo in di- scesa, fiducia ridotta. In effetti, la ragione per cui certi ti- toli si deprezzano è legata al fatto che si riduce il numero di coloro che li vogliono. Ragione spesso do- vuta alla paura che il paese che ha emesso il titolo non dia sufficienti riabile. Ancora una volta la con- nessione è piuttosto tortuosa e passa attraverso il fatto che i tassi sui mutui risentono del tasso di in- teresse che le banche applicano sui prestiti che si fanno fra loro. Anche nei rapporti fra banche vige la regola secondo la quale a mi- nore affidabilità corrispondono in- teressi più alti. Succede che, se i titoli del debito pubblico dello stato italiano risul- tano svalutati, anche la posizione delle banche italiane si fa più de- bole. Non bisogna dimenticare, in- fatti, che le banche italiane deten- gono circa il 26% del debito pub- blico italiano e, se questo si sva- luta, automaticamente anche il ca- pitale delle banche risulta com- promesso. Di conseguenza sono più fragili: quando si presentano presso le altre banche per otte- nere esse stesse dei prestiti, pa- gano il prezzo della loro debolezza tramite il pagamento di interessi più alti che puntualmente poi ri- versano sui loro clienti. Dunque, il timore per lo spread è giustificato. Non è invece giustifi- cata la nostra ostinazione a man- tenere la testa fra le fauci del mer- cato. Francesco Gesualdi AGOSTO-SETTEMBRE2019 MC 31 • Spread | Prestiti | Debito pubblico | Titoli di stato | Italia-Germania • R MC © Tobias Leeger Lo spread Btp-Bund Quel numero fatidico O rmai gli italiani si sono abituati a sentire dai tele- gionali frasi del tipo: «Oggi lo spread è salito a...», «lo spread è tornato sotto la soglia di...». Il 30 dicembre del 2011 esso ar- rivò al picco di 528 e costò la pol- trona di primo ministro a Silvio Berlusconi (che da allora parla di «colpo di stato internazio- nale» ai suoi danni). Oggi (luglio 2019), dopo una nuova altalena dovuta alle incer- tezze sull’economia italiana, lo spread si attesta poco sopra i 200 punti base. Ma - ne siamo certi - questo è un numero destinato a subire nuovi scossoni.
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