Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2019

• Missione | Democrazia | Migrazione | Missionari Consolata • dei dubbi, vuole capire se la guerra è davvero finita. Psicologi- camente il trauma è enorme». Padre Leo ci spiega che il Nord, al contrario del Sud, è una zona an- cora molto missionaria. «Nelle diocesi del Sud c’è molto clero lo- cale, siamo tranquilli con il perso- nale. Al contrario nel Nord, dove, come detto, il livello di scolarità è molto basso, il clero è raro ed è necessario avere sacerdoti stra- nieri o di altre zone del paese. An- che i vescovi arrivano spesso dal- l’estero». Il padre ci racconta della situa- zione attuale del paese, e in parti- colare di politica. Qui, Yoweri Mu- seveni, presidente della repub- blica dal 1986, non accenna a vo- ler lasciare la poltrona, e si ricandi- derà alle elezioni del 2021. Su di lui circolano diverse storie. La più incredibile riguarda la sua età: «Di fatto non si sa con certezza la data di nascita del presidente. Qualche anno fa, ha fatto cambiare la Co- stituzione che prevedeva il limite massimo dei 75 anni per la candi- dabilità. Oggi però non sappiamo quanti anni abbia. Ci sono alcuni personaggi, che hanno studiato con lui, quindi suoi coetanei, che hanno oltre 80 anni. Ma lui di- chiara di averne almeno sette di meno». Quanto è difficile lasciare «Museveni ha lavorato bene come presidente, ma ora non vuole mettersi da parte», è il parere di padre Leo. «È diventato quasi un dittatore, non vuole che altri si presentino come candidati alla presidenza della Repubblica e cerca di screditarli. Inoltre ha no- minato diversi famigliari in posti chiave, facendo diventare la ge- stione della cosa pubblica quasi una cosa di famiglia». È un ex mili- tare, un uomo forte, che si im- pone. Tuttavia il rischio per il paese è quello tipico dei presi- denti che stanno a lungo al potere: «Quando cadono, non c’è nessuno abbastanza forte che li sostituisce, e si scatena una guerra per la suc- cessione». Il missionario lamenta anche una mancanza di diritti di base nel suo paese e fa il confronto con il Kenya, che conosce bene: «Il Kenya ha fatto qualche passo in avanti. Oggi non si può bistrattare l’opposizione e incarcerarne i membri senza ragione. In Uganda è ancora possibile. In Kenya c’è una maggiore libertà di parlare in pubblico, di fare convegni e mani- festazioni anche contro il partito al potere. Nel mio paese non è assi- curato. Le forze dell’ordine pos- sono intervenire rapidamente, e lo fanno, con lacrimogeni, disper- dendo le manifestazioni e arre- stando le persone». I giovani e la politica «Museveni dice di essere voluto da tutti ma, in realtà, io vedo un desiderio di cambiamento nella gente, e soprattutto nei giovani, che sono la maggioranza della po- polazione». Chi ha oggi 40 anni, non ha visto che lui come capo di stato, che è al potere da 33. Negli ultimi tempi si è creato un movimento intorno al cantante Robert Kyagulanyi Ssen- tamu, in arte Bobi Wine, 37 anni, che ha iniziato a produrre canzoni politiche. Aumentata la sua popo- larità, tre anni fa si è candidato in parlamento ed è stato eletto. Ora punta alla presidenza, con il suo movimento «People Power, our power», che si definisce «un gruppo di resistenza e di pres- sione, che vuole farla finita con gli abusi dei diritti umani e la corru- zione in Uganda». Un movimento giovane, il cui leader, come spesso sta accadendo sul continente, è un cantante che ha veicolato il mes- saggio politico attraverso la mu- sica. «Bobi parla del presidente Museveni come se fosse suo nonno. Un famoso testo - ricorda padre Leo - recita: “Nonno, è MC A © Af MC / Benedetto Bellesi

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