Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2019
14 MC AGOSTO-SETTEMBRE 2019 controversie politiche o guerre. Negli anni Ottanta e Novanta, per esempio, l’Uganda aveva pochis- sime strutture sanitarie e quasi tutte in condizioni precarie. Oggi, dopo anni di pace, sono stati creati centri moderni, con attrez- zature all’avanguardia e pro- grammi di assistenza seri e conti- nuativi. Diversa è la situazione della Repubblica Centrafricana. Personalmente ho lavorato nel- l’ospedale di Bangui, dove ho operato in condizioni difficilis- sime. Quello della capitale, tra l’altro, è l’unico centro attrezzato. Fuori dalla città, dove dominano le bande armate, non c’è nulla e non è neppure ipotizzabile creare qualcosa». Una sensibilità che aumenta In Africa inizia a esserci una nuova sensibilità tra la gente co- mune. Il lavoro culturale portato avanti da chiese cristiane e asso- ciazioni di volontariato sta aprendo spazi per i disabili. Pure le normative, anche se non appli- cate, creano una mentalità, un clima favorevole alla disabilità. «Lo zambiano medio - osserva Tommaso Sartori - non discrimina il portatore di handicap. Mi è ca- pitato spesso di vedere uomini e donne avvicinare i disabili, par- lare con loro, avere con essi un rapporto sereno. Rimane il senso di disagio delle famiglie, ma in- torno ad esse si sta creando un ambiente non più ostile. La strada è ancora lunga, ma qualcosa si sta muovendo». C’è anche una forte solidarietà popolare. «Molti disabili girano di villaggio in villaggio e sono nutriti e accuditi - racconta fratel Lain -. In alcuni casi c’è una solidarietà commovente. Ricordo un ragazzo con la sindrome di Down che era così onesto e così ben voluto dalla comunità, che tutti gli affi- davano le incombenze che richie- devano il maneggio di soldi: pic- coli pagamenti, piccole transa- zioni, ecc. Erano sicuri che lui avrebbe portato a termine il la- voro. Così si era costruito un ruolo nel paese». Molti abitanti dei villaggi aiutano le comunità religiose che accudiscono i disa- bili. Donano aiuti materiali: un sacco di riso, un piccolo animale, un po’ di farina, ecc. Una solida- rietà che si va estendendo. Fondi e piccole donazioni arrivano da imprenditori stranieri che lavo- rano in loco. «Gli indiani, per esempio, pur non cattolici, ci of- frono grandi aiuti - spiega fratel Lain -. Anche gli imprenditori ita- liani sono sensibili». Sta accadendo qualcosa di più. Sebbene a macchia di leopardo e con molti limiti, si sta diffon- dendo la consapevolezza che il di- sabile sia una risorsa di cui però deve farsi carico la stessa comu- nità. Così, per esempio, in Nige- ria, la mamma di una ragazza con la sindrome di Down ha dato vita a un’associazione che ha creato centri per i ragazzi disabili e fa un attento lavoro di sensibilizza- zione. Nell’associazione è riuscita a coinvolgere i genitori stessi dei giovani disabili. «Questa sensibi- lità esiste, inutile negarlo - sotto- linea padre Pierre Kouasi - però è un fenomeno soprattutto citta- dino e limitato alle classi sociali medio-alte. La povera gente, sia in città sia in campagna, ha an- cora altre priorità». Anche nella scuola si inizia a ve- dere un primo, limitato, processo di inclusione. I guanelliani, per esempio, hanno creato, sempre in Nigeria, un centro per disabili e lo hanno aperto ai non disabili. «Quello realizzato a Ibadan - os- serva fratel Lain - è un caso inte- ressante però è un tentativo spo- radico, non è il tassello di un mo- saico più ampio che parte e in- clude le istituzioni». Anche in Tanzania esistono scuole (private) che accettano disabili, ma solo in classi differenziate dove i porta- tori di handicap sono separati da- gli altri ragazzi. «Le organizzazioni internazionali danno sovvenzioni allo stato perché metta in atto l’inclusione - conclude il guanel- liano - così lo stato dà vita a pic- cole iniziative come quelle della Tanzania. La vera integrazione, però, è un’altra cosa». Enrico Casale AFRICA A RCHIVIO MC MC ha pubblicato un servizio ap- profondito sul disagio mentale in Africa ad agosto 2018: Se non son «matti» non li vogliamo , di Stefa- nia Garini. A sinistra : il presidente dell’Associazione vittime della polio, Amiu Ahmed, mostra tricicli per disabili fabbricati localmente, a Kano, Nigeria. # © Pius Utomi Ekpei / AFP
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