Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2019
Anche se qualche distinguo va fatto. Nel nostro centro in Ghana (una scuola professionale, aperta a disabili e non, dove si insegnano tessitura, elettronica, falegname- ria, e altro), più della metà degli insegnanti sono pagati dal go- verno di Accra. Sia in Nigeria sia in Rd Congo ci sono rapporti con- tinuativi con le autorità, anche se i sostegni sono sporadici e con- centrati su singoli progetti». Parole simili anche da padre Pierre Kouasi: «Dagli stati ab- biamo poco sostegno. Non ci sono programmi di intervento a lungo termine. Gli aiuti diretti sono davvero pochi. Recente- mente in Costa d’Avorio, il mini- stero della Salute ha accordato un’esenzione fiscale su alcune ti- pologie di farmaci. Non è molto, ma è un piccolo passo avanti. Va anche detto che generalmente le autorità ci lasciano lavorare senza metterci i bastoni tra le ruote. E ciò va visto in modo positivo». Questo non significa che l’im- pianto normativo nei singoli paesi sia deficitario. Anzi. Negli ultimi decenni le Nazioni Unite hanno varato numerose direttive in ma- teria di disabilità. Queste sono state in gran parte recepite dei paesi africani. Quindi quasi tutte le nazioni del continente hanno leggi adeguate. Mancando, però, i fondi (e, spesso, la volontà poli- tica), queste leggi rimangono inapplicate o applicate solo in parte. vergogna da nascondere». «Don Orione - aggiunge padre Pierre Kouasi - diceva che in ogni persona c’è l’immagine di Dio. Come orionini seguiamo proprio questa linea. Nelle nostre chiese e nei nostri centri in Costa d’Avo- rio, Togo, Burkina Faso cerchiamo di far passare l’idea che il disabile non debba essere emarginato, ma accolto e valorizzato per le sue grandi potenzialità. Da noi i disabili seguono cure e riabilita- zione, ma poi rientrano in fami- glia. Solo i disabili mentali rimasti soli rimangono nelle nostre case. C’è ancora molto lavoro da fare, ma noto che le famiglie stanno cambiando sguardo nei confronti dell’handicap». Ma lo stato dov’è? Se la società civile e le congrega- zioni religiose sono attive sul fronte della disabilità, non altret- tanto si può dire delle istituzioni pubbliche. I governi nazionali e locali fanno poco per i portatori di handicap, soprattutto per mo- tivi economici. Mancano i fondi per un sostegno strutturale che dia vita a reti di centri pubblici e privati in grado di lavorare in si- nergia sul fronte della cura e del- l’integrazione. «Dalle amministrazioni pubbliche riceviamo molte lodi - osserva fra- tel Lain -. Le autorità ci dicono che siamo santi e buoni, che facciamo un lavoro indispensabile, poi però difficilmente ci sostengono. MC A In Nigeria, per esempio, esiste un corpo di leggi sull’inserimento dei disabili nel mondo del lavoro. Ma le norme sono applicate solo nel pubblico impiego, comparto im- portante, ma che non copre tutto il mercato del lavoro. In Zambia esiste una legge ( Disability Act 2012 ) che prevede sostegni alle famiglie con un componente disa- bile. «Sul terreno però è stato fatto pochissimo - osserva Tom- maso Sartori di Celim -. Mancano i fondi e ciò ha fatto sì che la legge zambiana sia completa- mente disattesa e non siano di- sponibili quindi i mezzi, le infra- strutture e la formazione speci- fica per gli operatori». Ma non tutti sono pessimisti. «La- voro da trent’anni in Africa e, nel tempo, ho notato qualche passo avanti - osserva Gigi Conforti -. La vera differenza è tra gli stati in pace e quelli instabili a causa di Sopra, a sinistra : la squadra di para-calcio di Kano, Nigeria, durante un allenamento. Qui sopra : carrozzine speciali fornite da una Ong locale al progetto Disability, ese- guito dal Celim in Zambia. Qui a sinistra : la palestra di riabilitazione dell’ospedale di Wamba, Kenya, dove ven- gono seguiti i bambini disabili della vicina Huruma Children’s Home. # © AfMC / Grazia Liprandi AGOSTO-SETTEMBRE2019 MC 13 © Af Ong Celim
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