Missioni Consolata - Luglio 2019
cato» lamenta l’Iea in un opuscolo intitolato «Plan A+». E conclude: «Il risultato è che alcune imprese hanno trasferito la produzione all’estero e hanno depennato l’U- nione europea dal proprio mer- cato, danneggiando non solo se stesse, ma la stessa Ue che corre il rischio di aumenti di prezzi a causa di una minor concorrenza dovuta alla riduzione di aziende chimiche presenti nel suo mercato». Di re- gole considerate soffocanti per le imprese, l’Iea ne cita anche altre, come quelle sul rispetto dei dati personali, sul funzionamento dei porti o sugli obblighi di traspa- renza imposte alle imprese finan- ziarie. Di qui il monito al governo inglese di stare molto attento alle nuove relazioni che imbastirà con l’Unione europea. L’articolo 50 e il nodo del confine irlandese Allo stato attuale la Gran Bretagna deve affrontare due nodi. Il primo, più urgente, è come impedire che l’uscita dall’Unione blocchi l’eco- nomia inglese conside- rato che è total- mente costruita su un rapporto di interscambio con essa. Il se- condo, di più largo respiro, come co- struire le fu- ture relazioni con l’Unione eu- ropea. Due snodi chiave visti con molta apprensione so- prattutto dal settore finanzia- rio (banche, assicurazioni, fondi speculativi) che in Inghilterra con- tribuisce al 10% del Pil, impiega 2,3 milioni di persone ed è il prin- cipale settore di esportazione che genera un attivo nella bilancia dei pagamenti uguale a quello di tutti gli altri settori messi assieme. L’articolo 50 del Trattato sull’U- nione europea, che definisce le procedure da seguire in caso di se- parazione, concede due anni di tempo per la messa a punto di un accordo provvisorio che permetta di continuare la convivenza senza scossoni, in attesa che le due parti stabiliscano i criteri su cui vogliono gole non sempre gradite e perché fa correre il rischio di perdere mercati di altri paesi dal momento che l’adesione all’Unione europea non permette di stipulare accordi basati su regole diverse da quelle fissate dall’Unione. Come dire: non permette di cogliere le occa- sioni di nuovi mercati che si pos- sono aprire in un mondo in conti- nua trasformazione. Non a caso, appena si è saputo che aveva vinto la Brexit, gli Stati Uniti si sono precipitati a proporre al paese di stipulare un accordo di li- bero scambio (confermato da Trump nella visita londinese dello scorso giugno). Per dimostrare come l’Ue sia una palla al piede dell’industria britan- nica, piuttosto che un’opportu- nità, l’ Institute of Economic Affairs (Iea), un centro studi di dichiarata fede antieuropeista, cita come esempio il «Reach», il regola- mento adottato nel 2006 che im- pone all’industria chimica di appli- care misure molto severe per ga- rantire che le sostanze prodotte, importate, vendute e utiliz- zate nell’Unione, siano si- cure. «I test e le proce- dure imposte dal re- golamento sono un aggravio di spese per le imprese, ri- ducono i margini di guadagno e met- tono le piccole im- prese fuori mer- costruire i loro rapporti futuri. Il governo inglese ha comunicato in maniera ufficiale la sua volontà di abbandonare l’Ue il 29 marzo 2017, per cui l’uscita sarebbe do- vuta avvenire il 29 marzo 2019. In realtà è stata posticipata al 31 ot- tobre 2019 perché il Parlamento inglese non ha approvato l’ac- cordo provvisorio stipulato fra Theresa May e la Commissione eu- ropea. Il nodo del contendere è la frontiera fra l’Irlanda di Belfast (sotto giurisdizione inglese) e l’Ir- landa di Dublino. Attualmente è come se non esistesse frontiera perché ambedue i territori fanno parte dell’Unione europea. Ma un domani, con regole diverse esi- stenti nei due territori, si impor- rebbero controlli e dazi per impe- dire passaggi di persone e merci non conformi a una delle due legi- slazioni. L’unico modo per tenere la frontiera aperta è che tutta l’Ir- landa sia assoggettata alla stessa legislazione. Ma quale: quella dell’Unione europea in vigore nel- l’Irlanda di Dublino o quella nuova che adotterà Londra? Alla fine May ha accettato la così detta «clausola backstop»: indipendentemente dalla legislazione che adotterà la Gran Bretagna, nell’Irlanda del Nord si continueranno ad appli- care le regole dell’Ue. La maggio- ranza dei parlamentari britannici ha però ripetutamente bocciato l’accordo, considerando questa so- luzione una violazione della sovra- nità nazionale. Se dovesse conti- nuare l’opposizione del Parla- mento inglese al Trattato di sepa- razione provvisorio e neanche l’U- nione europea dovesse accettare di modificarlo, la prospettiva sa- rebbe quella di un’uscita del Regno Unito senza accordi. Una prospet- tiva che molti considerano cata- strofica perché la posizione di mi- lioni di persone non britanniche diventerebbe irregolare, mentre la circolazione di persone, merci e servizi cadrebbe nel caos. Nel frattempo, Theresa May ha annunciato (24 maggio 2019) le di- missioni e il Brexit Party di Nigel Farage ha vinto le elezioni euro- pee. Per sapere come finirà non ri- mane che attendere i prossimi eventi. Francesco Gesualdi LUGLIO2019 MC 63 • Brexit | Unione europea | Commissione europea | Parlamento europeo • R MC Dopo il 26 maggio E adesso? Non avendo portato a termine la Brexit, anche il Regno Unito è andato al voto il 26 maggio. Elezioni ancora una volta vinte da Nigel Farage: il suo nuovissimo «Brexit Party» ha infatti ottenuto il 30,7 per cento dei voti, corri- spondenti a 29 dei 73 seggi a disposizione degli inglesi nel nuovo europarlamento. Quando la Brexit sarà attuata, i seggi inglesi verranno par- zialmente redistribuiti tra i vari paesi.
RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=