Missioni Consolata - Luglio 2019
48 MC LUGLIO2019 D D I NUOVI DESAPARECIDOS M aria Ceto Sanchez ha solo una foto- grafia di sua figlia. L’ha fatta plastifi- care in modo che non si rovini nel tempo. Ogni tanto la prende in mano e la lucida, quasi ad accarezzarla. Altre volte la ri- pone nell’unico mobile che ha in casa e la copre con un pezzo di stoffa. In quei momenti, Maria non ha la forza di guardare negli occhi sua figlia Angelina. «Quando è partita per gli Stati Uniti, Angelina aveva 16 anni e 2 mesi. Nel nostro villaggio girava la voce che i minorenni riuscissero ad avere un permesso per vivere negli Stati Uniti - racconta Maria Ceto -. E allora mi ha detto che voleva par- tire. Io non ero d’accordo, perché è la più piccola delle mie figlie e sapevo che mi sarebbe mancata tantissimo, ma alla fine ho ceduto e le ho dato il permesso». Angelina aveva il sogno di costruire una casa per sé e sua madre, perché l’abitazione dove era nata era di lamiera, ma a lei sarebbero piaciute le pa- reti di cemento. Aveva pensato a tutto. Sarebbe arrivata in Virginia, dove viveva una sua cugina, e avrebbe lavorato una decina di anni come came- riera in qualche ristorante. «Dopo quel periodo voleva tornare - continua Maria -. Mi aveva detto che avrebbe avuto i soldi sufficienti per pagarsi la retta di una buona scuola a Città del Guatemala e saremmo state sempre in- sieme». A ngelina è partita per il suo viaggio, insieme a un coyote , il 24 maggio del 2014. Pochi giorni dopo ha telefonato a sua madre Ma- ria per dirle che stava bene ed era in procinto di entrare nel deserto di Altar Sonora da dove avrebbe attraversato la frontiera. «Quella è stata l’ultima volta che le ho parlato - continua Maria -. Mi diceva di pregare per lei, di credere che ce l’avrebbe fatta e io pregavo e pre- gavo, ma poi è sparita. Deve essere successo qual- cosa nel deserto, ma non so cosa. Dopo qualche giorno che non ricevevo sue notizie, ho chiamato il coyote , ma aveva staccato il telefono. Nessuno mi ha mai detto come sono andate le cose. Ho co- minciato a disperarmi». Il limbo dei migranti desaparecidos è il luogo dove si trovano tutte le persone che hanno intrapreso un percorso migratorio sulle rotte messicane e improvvisamente sono sparite. Si suppone che al- cune di loro siano morte durante il cammino a causa della fatica del viaggio e degli agenti atmo- sferici, altre siano state rapite a fini di tratta, altre siano state investite mentre camminavano di notte sul ciglio della strada, o uccise dai narcos per mancato pagamento del riscatto. Di loro non si sa nulla. «In Messico si stimano tra i 70mila e 120mila migranti desaparecidos - spiega Marta Sanchez Soler, presidentessa del Movimento mi- grante mesoamericano -. Ma sono invisibili. An- che se dovessero essere ritrovati i loro corpi, non è possibile l’identificazione, perché quasi nessuno di loro viaggia con un documento di identità per paura di essere riconosciuti durante un controllo migratorio in Messico o alla frontiera degli Stati Uniti». Sebbene sia raro incontrare viva una persona de- saparecida, Maria non perde le speranze e vive il suo tempo nell’attesa. «Quando guardo la sua foto, io sento che Angelina è viva - sussurra Maria -. Altre volte piango perché mi demoralizzo, ma io sono qui. Io l’aspetto e so che lei tornerà da me». S.C. Qui : Maria, che ha perduto sua figlia Angelina, 16 anni, che ha ten- tato di migrare negli Stati Uniti ed è scomparsa. D
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