Missioni Consolata - Luglio 2019
BRASILE Qui sotto : la sede vescovile della diocesi di Roraima, a Boa Vista. # Da Manaus a Boa Vista Monsignor Mário Antônio, lei è stato vescovo ausiliario in una metropoli come Manaus. Che situazione ha trovato qui a Boa Vista? «Ho trovato una situazione sociale complessa, ma anche una Chiesa unita. Con molte potenzialità. Con un laicato diffuso, soprattutto al- l’interno dello stato. E soprattutto con la presenza di missionari e missionarie di numerose congre- gazioni del Brasile e di varie parti del mondo. Ho trovato una Chiesa profetica e attenta alle questioni sociali e politiche». La popolazione di Roraima è in- feriore alle 600mila unità (quasi due terzi residenti a Boa Vista), ma ha una composizione so- ciale particolare rispetto ad altri stati brasiliani. «Sì, nel senso che essa è composta per la maggior parte da migranti. Però, allo stesso tempo c’è una presenza di popolazione indigena - intendo i popoli originari di qui - abbastanza grande essendo calco- lata in circa l’11 per cento del to- tale. Sono i veri, primi abitanti. In Roraima hanno ottenuto conqui- ste importanti. In primis, l’omolo- gazione delle loro terre. Ci sono comunità consolidate, altre che hanno bisogno di aiuti per una vita più autonoma». Però, le conquiste indigene di cui lei parla oggi sembrano messe in discussione. «Ci sono varie minacce prove- nienti sia dal governo nazionale che da quello statale. È una situa- zione che ci preoccupa. Oggi più che mai le popolazioni indigene debbono unirsi per far valere i loro diritti al territorio e alla cultura. Allo stesso tempo, hanno neces- sità di un accompagnamento pub- blico su questioni come la salute e l’istruzione». L’emergenza migratoria Fuori dalle stazioni dei bus e lungo le strade di Boa Vista si vedono gruppi di venezuelani. Com’è la situazione della migra- zione dal vicino Venezuela? «La migrazione è in atto da tempo. Negli ultimi due anni - 2017 e 2018 - c’è però stato un flusso migrato- rio senza eguali. Soprattutto di ve- nezuelani che entrano in Brasile attraverso il nostro stato di Ro- raima e precisamente da Paca- raima, la città sul confine con il Ve- nezuela. Si stimano oltre 55mila arrivi dei quali 30mila stanno in ca- pitale, il 10 per cento della sua po- polazione. Vengono per fame, per trattamenti medici, per lavoro. Necessitano di alloggi: un 10 per cento sta negli abrigos (rifugi) dei militari, l’altro 90 per cento in altri luoghi, in parte anche nelle strade e nelle piazze. La maggior parte vive nell’informalità e spesso è sfruttata come manodopera a buon mercato. E poi ci sono i mi- granti che entrano nei circuiti del- l’illegalità per l’opportunismo dei gruppi criminali, brasiliani e non. Soprattutto nell’ambito della di- stribuzione della droga». Oltre all’immigrazione dei ve- nezuelani, c’è quella degli indi- geni di etnia Warao che vivono in quel paese. «I Warao sono stati i primi ad arri- vare. Oggi sono in un rifugio qui in capitale e in un altro a Pacaraima, al confine. La prima sfida è tenere unite le famiglie. La seconda è la comunicazione perché molti di loro parlano soltanto la lingua in- digena». Qual è stata la reazione della popolazione locale a questa on- data migratoria? «La popolazione ha reagito in ma- niera molto differente. Alcuni ac- colgono, danno lavoro, sono tolle- ranti. Altri invece non hanno ri- spetto per la dignità dell’essere umano e mostrano attitudini xe- nofobe sia a parole che con atti di violenza. Per questo come Chiesa, assieme ad altre organizzazioni nazionali e internazionali, siamo impegnati a lottare per superare queste situazioni d’ostilità e xe- nofobia». (continua a pagina 29)
RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=