Missioni Consolata - Giugno 2019
U no degli elementi di com- plicazione del capitali- smo è che le imprese non sono un corpo omo- geneo. Unite dal medesimo obiet- tivo di fare profitto, si dividono in mille rivoli quando veniamo alle strategie. Grandi contro piccole, fi- nanziarie contro produttive, locali contro globali, sono solo alcune delle contrapposizioni in campo. Ogni gruppo tenta di far prevalere il proprio interesse e, a seconda di quale si impone, il capitalismo cambia forma. Senza mai arrivare a un assetto definitivo perché la lotta è continua. Talvolta il cam- biamento è così repentino che non facciamo in tempo a capire cosa è successo che già è in corso un nuovo mutamento. E, a ren- dere le cose ancora più compli- cate, ci sono i calcoli della politica che oltre a voler soddisfare le esi- genze dei potentati economici hanno interesse a sopire le fru- strazioni popolari per garantirsi un largo consenso. Ed ecco il riemer- gere di nazionalismi e posizioni di indiscussa fede mercantilista che, attribuendo la responsabilità di tutti i mali agli stranieri, preten- dono di risolvere i problemi nazio- nali semplicemente spuntando rapporti più favorevoli nei con- fronti del resto del mondo. Magari cominciando a erigere muri contro chiunque pretenda di entrare in casa sua senza essere stato espressamente invitato. I rappresentanti di questo nuovo corso sono Le Pen, Salvini, Orban, ma soprattutto Donald Trump che è stato anche il più audace in campo economico. Produzione e posti di lavoro Il paese contro il quale il presi- dente americano si è scagliato di più è stato la Cina accusandolo di avere fatto perdere agli Stati Uniti oltre tre milioni di posti di lavoro. In effetti, le esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti sono passate da 2 miliardi di dollari nel 1979 a 636 miliardi nel 2017. E se, nel 2000, gli Stati Uniti registra- vano un deficit commer- ciale verso la Cina (diffe- renza fra importazioni ed esportazioni) pari a 84 miliardi di dollari, nel 2017 lo troviamo a 375 miliardi di dol- lari. Ciò che Trump ha sem- pre omesso di dire è che gran parte della crescita delle esporta- zioni cinesi è pilotato dalle stesse imprese statunitensi che hanno eletto la Cina a principale paese in cui spostare la produzione. Valga come esempio la Nike che, in Cina, dispone di 116 terzisti su un totale di 527 imprese appaltate a livello mondiale. Oppure Apple , che in Cina annovera 380 terzisti sul mi- gliaio che registra a livello planeta- rio. Sia come sia, già in campagna elet- torale Trump aveva promesso bat- taglia alla Cina con un’accusa du- rissima lanciata in un comizio del 2 maggio 2016: «Non possiamo con- tinuare a permettere alla Cina di saccheggiare la nostra nazione, perché questo è ciò che sta fa- cendo. Stiamo assistendo alla più grande rapina della storia mon- diale». E una volta vinte le ele- zioni, appellandosi alla Sezione E la chiamano economia PRIMA LA CONOSCIAMO, PRIMA LA CAMBIAMO La rubrica di Francesco Gesualdi Stati Uniti versus Cina: lotta per la supremazia Trump accusa la Cina di pratiche commerciali sleali. Per questo ha adot- tato dazi sui prodotti cinesi, innescando una guerra commerciale che ha conseguenze mondiali. Quella tra Stati Uniti e Cina è una lotta tra giganti, a cui nulla importa delle persone e del Creato. Nel frattempo, l’Italia... GIUGNO2019 MC 59
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