Missioni Consolata - Giugno 2019

senso è stato fatto dal governo laburista di Gro Harlem Brundtland che con l’ Immigration Act del 1988 ha gettato le basi per un maggiore controllo frontaliero, facili respingimenti e rimpatri forzati. Dove nasce la strage di Utoya L’attentato di Anders Breivik del 22 luglio 2011, che colpì gli uffici del governo e poi portò alla strage di Utoya, non attenuò l’ondata di risentimento anti immigrati che, anzi, si andò rafforzando anche con l’aiuto di una classe intellettuale aggressiva e cri- tica nei confronti della politica nazionale ed euro- pea. Le idee di Peder Are «Fjordman» Nostvold Jensen che avevano nutrito la mente di Breivik sono oggi rappresentate da scrittori come Kent Andersen, che nel 2011 tacciò il Partito laburista di kulturquislinger («traditore della cultura norve- gese») affermando che il governo aveva trasfor- mato la Norvegia in una «Disneyland multicultu- rale» 47 . Tra i politici di destra si è fatto largo anche il con- cetto di Eurabia, mutuato dai libri di Bat Ye’Or (so- prannome di Gisèle Littman) e di Bruce Bawer 48 . Secondo questa teoria l’Europa sarebbe al centro di una manovra islamico-progressista-comunista il cui fine ultimo sarebbe quello di trasformare il con- tinente in una colonia islamica con l’aiuto della stessa Unione europea. Nel 2009 Per-Willy Amund- sen, ministro della Giustizia tra il dicembre 2016 e il gennaio 2018, dichiarò che i musulmani sarebbero diventati la maggioranza in Norvegia entro un ven- tennio. Nonostante la Norvegia non abbia aderito all’U- nione europea, il paese ha comunque condiviso la Convenzione di Dublino generando critiche da parte di quella fetta di popolazione che vorrebbe un isolamento maggiore della propria nazione. L’immigrazione: numeri e problemi La Norvegia di oggi è dunque molto distante da quella che nel 1921 ha visto l’esploratore Fridtjof Nansen diventare il primo Alto Commissario per i rifugiati nella Lega delle Nazioni. Dall’inizio del nuovo secolo i governi che si sono succeduti alla guida del paese (qualunque fosse il loro orienta- mento) hanno adottato la politica della qualità piut- tosto che della quantità accettando solo un deter- minato numero di migranti economici in base alle proprie esigenze e disponibilità di mercato del la- voro, scolastico e abitativo. Il parlamento ogni anno stabilisce un numero massimo di rifugiati che pos- sono essere accolti nel paese, mentre il ministero della Giustizia, pubblica sicurezza e immigrazione (Mgpsi) identifica i paesi di provenienza e la tipolo- gia di rifugiati escludendo a priori coloro che hanno comportamenti e attitudini indesiderate o problemi di tossicodipendenza. Così nel 2018 il 28% delle domande d’asilo politico è stato respinto (in totale gli immigrati nello stesso periodo sono stati 49.800 49 ) mentre 6mila persone senza permesso legale sono state espulse, di cui 5.400 costretti a rientrare a forza nei loro paesi d’o- rigine (4mila per aver commesso un crimine 50 ). Una politica che rigetta l’idea che molti hanno di una Norvegia come paese aperto e accogliente verso chi cerca asilo. L’atteggiamento oggi preva- lente è quello utilitaristico mischiato alla retorica dell’«aiutiamoli a casa loro». I migranti economici sono accuratamente scelti tra coloro che dimo- strano di essere professionalmente preparati a svolgere determinati lavori perché, come ha detto nel giugno 2018 l’allora ministro dell’Immigrazione Tor Mikkel Wara: «L’immigrazione va a beneficio della comunità solo sino a certi livelli e certe com- posizioni. Lavoratori con competenze professionali, provenienti da società con valori moderni e liberali, con competenze che sono richieste dal nostro mer- cato del lavoro sono utili. Ma i benefici si tramu- tano in danni per i loro stessi paesi, se questi lavo- ratori professionalmente validi lasciano la loro terra, privando la loro stessa società di elementi va- lidi» 51 . «La vita di famiglia perde ogni libertà e bellezza quando si fonda sul principio dell'io ti do e tu mi dai», scriveva il norvegese Henrik Ibsen 52 . Così la politica migratoria norvegese è dettata da due fattori: la consapevolezza che il welfare ha ri- sorse limitate, ma al tempo stesso il diritto degli immigrati di godere degli stessi diritti e opportu- nità dei cittadini norvegesi. «Questo è il punto che ci distanzia da altri paesi dell’Europa», spiega Ro- ger Jensen, teologo e direttore del Centro di pelle- grinaggio del sentiero di Sant’Olav, a Oslo. «A diffe- 48 MC GIUGNO2019 D A sinistra: una via della città vecchia di Alesund, a Nord di Bergen. A destra : strada lungo un passo montano ancora innevato. D

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