Missioni Consolata - Giugno 2019
44 MC GIUGNO2019 D search Centre (Nccs). Tra questi il Tcm, operativo dal 2012, è il più grande al mondo ed è di proprietà di un consorzio di aziende guidate dalla Gassnova (77,5%), Equinor (7,5%), Shell (7,5%) e Total (7,5%) 26 . Il peso del petrolio sul Pil norvegese In tutto questo bel programma ambientale il petro- lio continua ad occupare una posizione rilevante nell’economia e nelle società norvegesi. Lungi dal- l’esserne indipendente, la Norvegia è ancora forte- mente vincolata alle fonti fossili che contribuiscono per il 12% al Pil, per il 13% agli introiti erariali del governo centrale, per il 37% alle esportazioni e per il 21% agli investimenti nonostante la produzione sia diminuita del 40% rispetto al 2001 (due milioni di barili al giorno nel 2017 rispetto i 3,4 del 2001, ma nel frattempo la produzione di gas naturale è salita a 120 miliardi di metri cubi all’anno) 27 . E con ri- serve stimate in 90 miliardi di barili l’economia nor- vegese e i 200mila lavoratori impiegati nel campo petrolifero possono guardare con relativa tranquil- lità il proprio 28 . L’industria petrolifera norvegese è tra le più effi- cienti del mondo e viene vista come modello per al- tre economie. Ogni anno si concedono licenze per esplorazioni già in atto e ogni due anni vengono messe all’asta li- cenze per esplorazioni in nuovi giacimenti. Nel maggio 2016 sono state vendute dieci licenze a tre- dici compagnie. Alla fine del 2015 la Equinor posse- deva 259 licenze, mentre altri cinquantatre opera- tori ne avevano 182 29 . L’obiettivo a medio-lungo termine del governo non è solo quello di evitare il più possibile l’utilizzo delle fonti fossili nell’ambito nazionale, ma anche di ren- dersi paese trainante verso un programma etico e ambientale che coinvolga tutto il globo che escluda, nel limite del possibile, lo sfruttamento di energie provenienti da combustibili a base di carbonio. L’industria petrolifera norvegese ha iniziato a de- collare nel 1971, quando la Phillips Petroleum Com- pany cominciò a sfruttare il giacimento di Ekofisk, nel Mare del Nord. Da allora l’oro nero ha rappre- sentato il carburante che ha alimentato lo sviluppo economico e sociale della nazione la quale, sebbene già relativamente più ricca rispetto al resto dell’Eu- ropa, ha cominciato letteralmente a essere inon- data di denaro. L’esportazione dell’oro nero frutta ogni anno alle casse di Oslo 210 miliardi di nok, ma la ricchezza derivata dall’estrazione off-shore non è mai stata ostentata dai protagonisti norvegesi che, in questo senso, si distinguono nettamente dai concorrenti arabi e asiatici. A differenza della pacchianeria e della ridondante esibizione di questi ultimi, le compagnie petrolifere norvegesi si sono sempre distinte per il loro basso profilo comunicativo e la loro propensione sociale. L’esempio più evidente è visibile nell’eleganza e la linearità dell’enorme sede della Equinor, l’ex Sta- toil 30 , la più grande e facoltosa azienda petrolifera del paese con un fatturato di 61 miliardi di dollari. L’edificio, a basso impatto ambientale, sorge a For- nebu, alla periferia di Oslo ed è stato costruito ad un costo di 1,5 miliardi di nok tra il 2009 e il 2012 dallo studio di architettura A-lab, lo stesso che ha realizzato l’avveniristico Barcode che si affaccia sul fiordo di Oslo 31 . Il Fondo pensioni norvegese, potenza finanziaria alla ricerca dell’etica L’edificio della Statoil è l’esempio con cui la Norve- gia ha amministrato i ricavi derivati dall’esporta- zione del petrolio. Sin dagli anni iniziali dello sfrut- Qui sopra: i ritratti della regina Sonja e il re Harald V di Norvegia nel comune di Oslo. A destra: visitatore al Munch Museum di Oslo; Ed- vard Munch (1863-1944) è il più famoso pittore norvegese. D
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