Missioni Consolata - Maggio 2019

gruppi più deboli. • Scandire con fermezza diritti e doveri è più che giusto. Ma è sicuro che tutti i doveri siano davvero rispettati, anche quelli più onerosi, o invece si appli- cano solo quelli che fanno più comodo? • È vero che la disonestà non guarda il colore della pelle, ma spesso nei me- dia questo è dimenticato e le persone vengono trat- tate con pesi e misure di- verse. Prostituzione, ca- poralato, consumo di dro- ga, abusi edilizi, evasione delle tasse, inquinamento dell’ambiente, corruzio- ne… sono tutte «cose no- stre», non ce le hanno portate i migranti che piuttosto ne sono diventa- ti vittime o capri espiatori. NON SOLO PERDENTI Carissimo direttore, ho letto con molto piace- re su MC di marzo 2019, «4 chiacchiere con i per- denti» che mi ha stimo- lato ad inviare questi pensieri per richiamare il valore della memoria storica. Da sempre ne sono un cultore, non tanto per essere diven- tato «vecchio», ma per- ché nella memoria, co- me ricorda papa France- sco, ci sono le radici della nostra fede. Detto questo, voglio sottoli- neare perché mi ha mol- to colpito il suddetto ar- ticolo. Nel rileggere in questo periodo quaresi- MC R così come è riportato fe- delmente in MC da don Mario Bandera. Ecco, ho pensato «queste sono più di 4 chiacchiere con i perdenti», e non è solo pura coincidenza se ri- troviamo, dopo quasi 70 anni, in un libro pur data- to in molte parti per ra- gioni storiche (in quanto scritto prima del Concilio Vaticano II) dove viene ri- chiamato il valore della preghiera. In questo sen- so richiamo il valore del- la memoria storica che ritrovo con piacere in «4 chiacchiere con i perden- ti». Chiudo con un augu- rio a tutti i missionari ed un ringraziamento per don Paolo Farinella. Pino Cadiani 28/03/2019 redazione@rivistamissioniconsolata.it mcredazioneweb@gmail.com male un vecchio libro, «Vivere in Cristo» di Ma- rio Corti S.J. (Edizioni La Civiltà Cattolica, 31/12/1951) nel capitolo «La preghiera è infallibi- le», a pag. 193 si legge: «Il 17 marzo 1649 tra torture inaudite, S. Ga- briele Lallemant S.J., a trentanove anni, consu- mava l’olocausto della sua vita col martirio nel Canada. Appena caduto in terra, sfigurato con il capo spezzato dall’ulti- mo colpo di scure, un selvaggio gli spaccò il petto, ne estrasse il cuo- re palpitante, ne sorbì il sangue e lo divorò, certo di appropriarsi così del- l’eroico coraggio del martire». Segue poi la descrizione del martirio MAGGIO2019 MC 7 MOZAMBICO: RICARDO Il signor Ricardo è seduto in un angolo all’ombra, nella «Scuola industriale» di Tete, dove con sua moglie e i suoi 5 figli è alloggiato alla meglio con le altre 656 fami- glie dopo la grave alluvione che ha colpito la nostra città di Tete, e i comuni di Doa, Mutarara, Angonia, Ikondezi. Ricardo aspetta che i funzionari della protezione civile distribuiscano il pranzo. Dopo una timida presentazione mi parla di sé e della sua storia. Il suo terreno è lontano dal letto del fiume. Lo ha comprato e il co- mune lo ha autorizzato a costrui- re. La sua casa in mattoni aveva tre stanze e una sala grande, co- struita con sudore e amore. Lui se la cava come falegname e idrauli- co. I bambini sono piccoli, il più grande frequenta la 6ª elementa- re, e la più piccola ha appena 5 giorni: è riuscito a portarli via dal- la furia delle acque uno per uno, addormentati. Mezz’ora dopo ha visto la casa cadere, muro per muro, e le sue cose sparire sott’acqua. Letti, vestiti, cucina, frigorifero, sedie… tutto. «Non so come farò nel futuro». Il caso di Ricardo è simile a quelli di centinaia di famiglie nella no- stra diocesi di Tete, che ancora non sanno come e cosa faranno per alzarsi da questa tremenda di- sgrazia. Alcuni sono tornati alle loro terre, alloggiati in tende, altri ancora nella Scuola industriale; tutti aspettano che il governo as- segni loro un terreno in un luogo più sicuro, ma con il timore si es- sere portati lontano da scuole e ambulatori. Tutto è iniziato nella notte tra il 7 l’8 di marzo scorso. Le abbondanti piogge cadute nei comuni dell’al- topiano di Tsangano e Angónia, dove hanno distrutto campi, villag- gi, scuole e sei chiese, si sono ri- versate sul fiume Rowubwe, a marzo normalmente secco e sen- za un filo d’acqua. Il Rowubwe, non riuscendo a defluire nel fiume Zambesi già in piena, ha invaso in poco tempo villaggi e campi, in un crescendo violento e drammatico. Si parla di una trentina di morti accertati, ma anche di decine di dispersi. Resta ancora da sapere con esattezza la situazione dei co- muni di Doa e Mutarara ancora coperti dalle acque, e dove l’ac- cesso per strada è impossibile. Dopo appena una settimana , le regioni del centro del Mozambico hanno vissuto un dramma ancora peggiore. Il ciclone Idai ( Idai è un nome di ragazza in Hindi, significa sve- gliarsi o amore, ndr ) formatosi nel Canale del Mozambico, con una velocità fino a 220 Km/h ha raso al suolo la grande città di Beira, la città di Dondo, e centinaia di paesi e villaggi, e tutto ciò che incontra- va sul suo cammino. Pioggia e venti hanno devastato il centro del paese. Una vera catastrofe per ambiente, persone e strutture. Una intera regione sommersa dal- l’acqua. Manca energia elettrica, comunicazioni telefoniche, acqua potabile. Strade interrotte. Villaggi isolati e sommersi. Scuole, ospe- dali, chiese, fabbriche, univer- sità… nulla è rimasto in piedi. Morti? Più di mille. Il colera ne sta mietendo altri. In mezzo a tanta sofferenza, il paese intero, dal presidente all’ul- timo cittadino, vive un momento di bellissima solidarietà. Aiuti da tut- te le parti stanno arrivando a Beira perché non manchino cibo, acqua e il necessario finché le cose pos- sano tornare se non come prima, almeno vivibili e dignitose. Padre Sandro Faedi, amministratore apostolico di Tete

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