Missioni Consolata - Maggio 2019
pali che attraversano la zona cuscinetto della ri- serva, il Ramganga e il Kosi. Questi resort, che possono accogliere fino a 3.200 persone, sono tutti privati e, secondo un reportage prodotto nel 2012 dalla testata locale Tehelka, intitolato Corbett: now on sale , gli appezzamenti di terra che si tro- vano lungo i 17 km che vanno dal fiume Dumunda fino a Marcha sono tutti in vendita. Inoltre quasi tutte le località turistiche sono recintate e il 70 per cento di esse sono state costruite in terre che originariamente erano coltivate dalle comunità lo- cali. Ma chi vende queste terre che dovrebbero essere protette dal dipartimento forestale? Crimine organizzato e forestali corrotti Nel corso delle nostre ricerche sulle violazioni del Forest rights act intorno all’area protetta di Cor- bett, incontriamo Nainital P. C. Joshi, un attivista che abita nella città di Ramnagar, ai margini del parco. Secondo Joshi queste terre erano prece- dentemente di proprietà delle numerose comu- nità che abitavano in questi territori. «Col tempo la maggior parte dei villaggi sono stati evacuati per la creazione della riserva delle tigri; altri sono stati minacciati dalla mafia edilizia, e la maggior parte dei villaggi oggi presenti nella zona cusci- netto sono quasi disabitati». Joshi mi racconta che un’organizzazione crimi- nale sta inducendo i contadini, tramite minacce, a vendere le loro terre per un prezzo irrisorio di 125 euro per ettaro. Lo scopo è quello di rivendere in seguito quelle stesse terre a prezzi commerciali per lo sviluppo di attività turistiche. Le stesse notizie vengono riportate da Tehelka che documenta il coinvolgimento del diparti- mento forestale nella vendita privata di terreni teoricamente protetti e nel rilascio di permessi per lo svolgimento di attività lucrative all’interno del parco. Rajiv Bhartari, direttore del parco dal 2005 al 2008, racconta a Tehelka che durante il suo mandato aveva sollevato diverse obiezioni su- gli accordi presi dal suo predecessore con alcuni privati, in particolare con il Leisure Hotel che uti- lizzava parte della riserva delle tigri come sua proprietà privata con libero accesso al fiume e alle strade forestali anche durante la notte. Bhartari, in seguito alle sue denunce, è stato trasferito. L’ipocrisia del turismo sostenibile Mentre si vietano attività commerciali alle comu- nità locali, il turismo, sotto la forma di «eco turi- smo», viene giustificato come attività sostenibile in grado di migliorare le condizioni di vita delle comunità locali. Di fatto, però, i grossi interessi legati al turismo così come ad altre attività lucrative all’interno della foresta, non fanno altro che ledere sia i di- ritti delle comunità indigene dei Van Gujjar, sia quelli della natura stessa. Molti resort stanno estraendo pietre e sabbia dal letto dei fiumi, incidendo sull’intero equilibrio idrico. Mentre, la pesca nel fiume Ramnagar, au- torizzata dal 2004 con il pretesto di generare pro- fitto per le comunità locali, è diventata un’attività eco sostenibile promossa dai vari resort per i loro ospiti appassionati di quello sport. Tutto questo va a discapito degli animali da pro- teggere che non sono liberi di accedere a quei luo- ghi recintati da alti muri. Motociclette, musica ad alto volume e matrimoni sontuosi si svolgono nelle località alla periferia della riserva, in viola- zione delle disposizioni conservazioniste che sono invece perentorie per quanto riguarda lo sfratto della comunità dei Van Gujjar dalla loro terra. In definitiva, i Van Gujjar, che vengono considerati invasori delle aree protette e nemici della conser- vazione ambientale, vivono in case fatte di mat- toni di terra cruda, consumano solo cibo vegeta- riano e conducono una vita semplice senza fuori- strada, macchine, strade asfaltate o altre fonti di inquinamento. Al contrario, i promotori del turi- smo sostenibile sono stanziati all’interno della zona protetta del parco con numerosi resort di D 50 MC MAGGIO2019 D
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