Missioni Consolata - Maggio 2019

14 MC MAGGIO 2019 vere, di intendere i rapporti tra le persone. È una trasformazione nel campo delle pratiche religiose e una proiezione del religioso sul campo politico». Queste correnti islamiste sono in forte crescita, con un numero di seguaci in aumento continuo e quindi un peso politico sempre più importante. «Ma le Costituzioni dei paesi del Sahel impediscono che i partiti siano creati su base religiosa, mentre è possibile in altri, come quelli arabi e nordafricani. Questo vuol dire che il sistema degli esclusi si sviluppa al margine di quello ufficiale, il quale non offre loro la possibilità di una partecipa- zione politica. E alcuni (degli esclusi) hanno fatto la scelta della lotta armata, perché non ci sono possibilità legali per loro. Presto o tardi, si andrà allo scontro, e secondo me siamo già un po’ a questo». I governi della regione stanno fa- cendo la guerra ai gruppi che hanno scelto la lotta armata, i co- siddetti jihadisti. Hanno costituito il «G5 in Sahel», un coordina- mento degli eserciti di Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger e Ciad, con l’appoggio della Francia. Ma Tchangari ci spiega: «Oggi gli stati saheliani sono molto deboli rispetto a tutte queste correnti sia armate che non armate. Questo perché non hanno la capacità di ingerenza negli affari religiosi. Forse non dovrebbero neppure farlo. In ogni caso non riescono a regolamentare questo settore, proprio perché questi movimenti non sono riconosciuti come entità legittime. I problemi dei paesi saheliani si riassumono oggi in una formula: crisi di legittimità degli stati . Lo stato non è riconosciuto come en- tità legittima, quindi ci sono cose che non può fare, come interve- nire sulle questioni religiose. Sa- rebbe criticato, perché tocca il sa- cro, e non ne ha la forza. Gli stati hanno anche difficoltà ad adottare certi tipi di leggi, come il codice della famiglia in Mali, la legge sulla protezione delle ra- gazze qui, il dibattito sulla laicità. Il Niger non è uno stato laico ma si definisce “non confessionale”. Ci sono stati dibattiti nei quali ab- biamo visto l’influenza molto grande delle differenti correnti re- ligiose sulla politica. Se la crisi di legittimità dello stato non sarà risolta, esso non potrà regolamentare il settore religioso, che diventa una bomba a orologe- ria». E questo fatto fornisce agli stati stranieri l’occasione d’ingerenza . Continua Moussa: «A livello poli- tico si vuole continuare a tenere chiuso il sistema, senza offrire aperture a queste correnti. In al- ternativa si potrebbe dar loro un riconoscimento legale, al di là di associazioni apolitiche, caritative o culturali. Ma non so se sia la cosa migliore. Oggi non hanno la possi- bilità di avere un partito di tipo islamico». Ad esempio in Algeria il Fronte islamico di salvezza (Fis), partito religioso, vinse le elezioni di fine 1991. Ma le forze laiche non lo lasciarono governare, così iniziò la guerra civile algerina con la nascita dei Gruppi islamici ar- mati (Gia) che poi si propagarono, nel decennio successivo anche nei paesi saheliani. «Questa storia in parte spiega quello che è avve- nuto qui. Ma almeno in linea teo- rica in Algeria le correnti islamiste hanno potuto avere un partito. NIGER In senso orario partendo da qui a destra : la grande moschea di Zinder, al tramonto. | Operai nigerini e cinesi al cantiere del terzo ponte sul fiume Niger a Niamey. Fi- nanziato e costruito dalla Cina. | Nei pressi del cantiere cartellonistica cinese con scritte in francese maccheronico. | Donna con velo di tipo hijab, il più comune at- tualmente in Niger. Si incontrano anche niqab e, raramente, burka. #

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=