Missioni Consolata - Marzo 2019
scia, ma una gioia; poi la salva- guardia dei beni comuni (aria, suoli, fiumi, boschi, spiagge, mari) perché la qualità della nostra esi- stenza dipende da un ambiente in buono stato; infine, la garanzia di un lavoro affinché tutti possano sentirsi utili e socialmente apprez- zati. Il finanziamento della «casa comune» Chiarite le funzioni della dimen- sione comunitaria, si tratta di ca- pire come farla funzionare. Le so- luzioni possono essere varie. Ad esempio potremmo far funzionare i servizi collettivi, mettendo tutti una parte del nostro tempo a loro disposizione. Oppure potremmo organizzare delle attività produt- tive per fabbricare, in forma col- lettiva e monopolistica, dei beni destinati alla vendita e col ricavato finanziare i servizi pubblici. Per una serie di vicende storiche, la formula che più si è fatta strada è quella della tassazione della ric- chezza prodotta individualmente. In pratica ognuno versa allo stato una parte di ciò che guadagna e col ricavato lo stato acquista beni e lavoro, utili a garantire servizi e assistenza. Una modalità di finan- ziamento semplice come princi- pio, ma complessa nella sua attua- zione pratica perché la questione fiscale trascina con sé varie altre problematiche su cui spiccano l’e- sigenza di efficacia e di equità. Effi- cacia intesa come capacità reale dello stato di impossessarsi della ricchezza dei cittadini. Equità in- tesa non solo come tentativo di fare pagare di più a chi più ha, ma anche come tentativo di livellare la ricchezza dei cittadini. Solita- mente il primo obiettivo è rag- giunto tassando la ricchezza nelle sue varie espressioni, il secondo tramite la progressività. L’analisi della situazione italiana ci può aiu- tare a capire meglio come funzio- nano entrambi. Le imposte in Italia (e il «cuneo fiscale») In Italia, la pressione fiscale, ossia la quantità di ricchezza rastrellata dallo stato, ammonta grosso modo al 42% del prodotto interno lordo e fornisce un gettito che, nel di lusso, oggetti comuni e oggetti rari, prodotti leciti e prodotti ille- gali, mezzi di pace e mezzi di guerra: non c’è prodotto che il mercato non sia in grado di procu- rare. Ma la regola base del mer- cato è la vendita che esclude au- tomaticamente chi non può pa- gare. Esclusione e diritti sono prin- cipi inconciliabili. Per questa unica ragione, il mercato, una macchina organizzata per escludere, non può occuparsi di diritti. L’ambito naturale dei diritti è la comunità che si organizza per ga- rantirli a tutti in maniera gratuita attraverso un patto di solidarietà. Chiede ad ognuno di contribuire per quanto può, affinché ognuno possa ricevere per quanto ha biso- gno. Un principio che non è estra- neo ai nostri ordinamenti, ma che oggi è sotto attacco perché toglie spazio al mercato. Eppure il rico- noscimento dei diritti è lo spar- tiacque tra umanità e animalità. È l’affermazione che la convivenza non va organizzata sulla forza e la prepotenza, ma sul riconosci- mento di un livello di uguaglianza e di rispetto per tutti che nessuna forza può oltrepassare. Nella mi- sura in cui questo patto è rispet- tato, avremo la civiltà, altrimenti sarà la barbarie. In concreto dovremmo rafforzare e riformare la dimensione comu- nitaria in modo da costruire una grande casa comune dentro la quale tutti possano trovare rifugio e sicurezza. In tre campi dell’esi- stenza: in primo luogo, il soddisfa- cimento dei bisogni fondamentali (acqua, cibo, alloggio, energia, sa- lute, istruzione e altro ancora) af- finché la vita non sia più un’ango- E la chiamano economia 68 MC MARZO2019 che senza dimensione comunitaria la nostra vita è fortemente com- promessa soprattutto per ciò che concerne i diritti e i beni comuni. E se in tema di beni comuni sembra esserci un consenso diffuso sulla necessità di tutelarli, rispetto ai di- ritti si ha la sensazione di trovarci di fronte a un’idea che sta passando di moda. Un risultato forse dovuto all’insinuarsi sempre più in profon- dità della cultura individualista in- dotta dal mercantilismo crescente. Ma forse dovuto anche a una insuf- ficiente riflessione sul concetto di diritto che vale la pena rispolve- rare. I diritti, la nostra seconda pelle I diritti non sono un optional. I di- ritti sono la nostra seconda pelle. Ci appartengono come il nostro nome e cognome. Ci appartengono per il fatto stesso di esistere, perché si ri- feriscono ai bisogni fondamentali che ciascuno di noi deve poter sod- disfare indipendentemente se ricco o povero, maschio o femmina, gio- vane o vecchio. Nasciamo col di- ritto a respirare, a nutrirci, a co- prirci, a proteggerci, a curarci, a istruirci, a muoverci, a comunicare, a vivere in sicurezza. Per fortuna non c’è ancora nes- suno che affermi che solo i ricchi debbono poter bere o mangiare, il che ci permette di stabilire subito, con certezza, che i diritti non pos- sono appartenere al mercato. E non per pregiudizio ideologico, ma per constatazione pratica. Da un punto di vista dell’offerta il mer- cato è ineguagliabile, con le sue mi- lioni di imprese di ogni dimensione e settore. Beni fondamentali e beni IMPOSTE DIRETTE imposte sul patrimonio Abitazioni & immobili ReddiƟ da lavoro (salari, pensioni) ReddiƟ fondiari (affi ) ReddiƟ da capitale (interessi, dividendi) ReddiƟ d’impresa (partecipazioni & uƟli) imposte sul reddito
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