Missioni Consolata - Marzo 2019

64 MC MARZO2019 Cooperando… © Marco Bello stro Montanaro. «Vengo da un paese, la Nigeria, dove ben pochi fanno la pacchia e sono tutti amici vostri», rivendi- cava la donna, originaria di Port Harcourt, città industriale sul Delta del fiume Niger dove ha sede la maggior parte delle raffi- nerie nigeriane. «La regione in cui vivo,» si legge ancora nella let- tera, «dovrebbe essere ricchis- sima, visto che siamo tra i mag- giori produttori di petrolio al mondo. E invece no. Quel petrolio arricchisce poche famiglie di poli- tici corrotti, riempie le vostre ban- che del frutto delle loro ruberie, mantiene in vita le vostre econo- mie e le vostre aziende». Paese scosso da diversi colpi di stato, deninciava la donna, la Ni- geria ha visto andare al potere «personaggi obbedienti ai voleri delle grandi compagnie petroli- fere del suo (di Salvini, ndr ) mondo, anche del suo paese. Avete potuto, così, pagare un prezzo bassissimo per il tanto che portavate via. E quello che porta- vate via era la nostra vita». La Nigeria è fra i primi 10 fornitori di petrolio dell’Italia e nel 2018 il greggio proveniente dal paese africano ha inciso sul totale per poco meno del 4% @ . Un anno fa si è aperto a Milano il processo «Scaroni e altri» per la presunta maxi tangente da un mi- liardo e 92 milioni di dollari che i vertici di Eni e Shell avrebbero pa- gato al governo nigeriano in cam- bio dei permessi per l’esplora- zione del giacimento offshore Opl 245. I fondi sono transitati sul conto del governo di Abuja presso la banca JP Morgan a Londra, poi rientrati in Nigeria in due tranche versate su conti riconducibili alla Malabu Oil & Gas Ltd dell’ex mini- stro nigeriano del petrolio Dan Etete e ad Abubakar Aliyu, im- prenditore petrolifero noto in Ni- geria come Mr. Corruption e molto vicino a Goodluck Jo- nathan, che all’epoca dei fatti contestati era il presidente della repubblica di Nigeria. Lo scorso settembre per questa vicenda sono stati condannati in primo grado due mediatori, l’italiano Gianluca di Nardo e il nigeriano Obi Emeka, che hanno scelto di menteranno di ulteriori 6 miliardi di dollari a causa delle mancate entrate per il fisco nigeriano. L’a- nalisi rivela infatti che l’accordo, del 2011, fra il governo di Abuja e le due compagnie petrolifere per l’esplorazione del giacimento Opl 245 include condizioni fiscali molto generose nei confronti di queste ultime. «I più alti funzio- nari nel Dipartimento delle Ri- sorse petrolifere della Nigeria», si legge nel rapporto, «avevano pro- testato contro l’accordo, definen- dolo “altamente svantaggioso per gli interessi del governo federale”. Queste preoccupazioni sono state ignorate o respinte dai ministri dell’epoca, che sono attualmente accusati dai pubblici ministeri di aver ricevuto tangenti provenienti dal miliardo di dollari pagato da Shell e Eni per l’accordo» @ . I mattoni di un’operazione di sviluppo? Salvini rivendicava nella sua di- retta Facebook atti concreti a so- stegno della cooperazione allo svi- luppo. Lo scorso agosto aveva an- essere giudicati con rito abbre- viato. Come riporta Luigi Ferra- rella sul Corriere della Sera @ , nelle motivazioni della sentenza di condanna depositate lo scorso dicembre, la giudice per l’udienza preliminare Giusy Barbara af- ferma che «Tutti gli elementi di prova inducono questo giudice ad affermare che il management delle società petrolifere Eni e Shell è stato pienamente a cono- scenza del fatto che una parte dei 1,092 miliardi di dollari pagati sa- rebbe stata utilizzata per remune- rare i pubblici ufficiali nigeriani, che avevano avuto un ruolo in questa vicenda e che come “squali” famelici ruotavano in- torno alla preda». Lo scorso novembre, inoltre, un rapporto commissionato a un centro di ricerca da un gruppo di Ong - le britanniche Global Wit- ness e The Corner House e l’ita- liana Re:Common , da un esposto delle quali è scaturito il processo in corso - mostra come le perdite per lo stato nigeriano non si limi- tano ai denari malversati della presunta maxi tangente, ma au-

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