Missioni Consolata - Marzo 2019
MARZO2019 MC 61 reali e il 75% della soia prodotti nel mondo vengono destinati agli animali allevati. Una persona con una dieta ad elevato consumo di carne attualmente necessita di circa 4.000 metri quadri di terreno per la produzione di foraggio e ce- reali per nutrire gli animali neces- sari, mentre per un vegetariano bastano 1.000 metri quadri. At- tualmente si stima che siano di- sponibili circa 2.700 metri quadri di suolo coltivabile a testa a livello mondiale, ma per l’aumento della popolazione nel 2050 tale disponi- bilità pro capite sarà di 1.200- 2.000 metri quadri. Oltre all’impiego di almeno la metà dei suoli fertili dell’intero pianeta per la produzione di ce- reali, semi oleosi, proteaginose (colture industriali a elevato te- nore proteico per la produzione di mangimi) e foraggi, poiché per produrre più carne è indispensa- bile puntare all’ottimizzazione delle rese agricole, l’allevamento industriale comporta un enorme uso di fertilizzanti, diserbanti e pe- sticidi. Negli Stati Uniti l’80% di tutti gli erbicidi viene impiegato nei campi di mais e di soia desti- tale dei pesticidi, il 50% dell’uso di antibiotici e un terzo del carico di azoto e di fosforo nell’acqua po- tabile. Inoltre il 10% delle specie minacciate perde il proprio habi- tat a causa dell’allevamento, che è quindi corresponsabile della perdita di biodiversità. I costi del cibo per gli animali allevati Gli animali d’allevamento sono «macchine» (così - purtroppo - sono considerati negli alleva- menti) poco efficienti in termini di conversione di proteine vegetali in proteine animali, perché con- sumano molte più calorie vege- tali, di quante ne producono sotto forma di carne, latte e uova. Per produrre una caloria di ori- gine animale, ne vengono consu- mate circa 15 di origine vegetale, sotto forma di mangimi. Per l’utilizzo zootecnico, negli Stati Uniti vengono impiegati il 70% degli alimenti vegetali (ce- reali e semi oleosi), in Europa il 55%, mentre in India solo il 2%. Gli allevamenti intensivi compe- tono per il cibo con gli umani, considerando che il 50% dei ce- nati all’alimentazione animale. In Italia l’atrazina (erbicida) utiliz- zata nelle coltivazioni di mais e bandita 25 anni fa per la sua can- cerogenicità è ancora presente nell’acqua del Po e si pensa che ci vorranno ancora parecchi anni per eliminarla. Nel bacino del Po sono contaminate le acque super- ficiali e buona parte di quelle sot- terranee. I costi della produzione della soia In Sud America ci sono forse le conseguenze più gravi da alleva- mento intensivo. Qui, in soli tre paesi - Brasile, Paraguay e Argen- tina - viene prodotto il 95% della soia mondialmente esportata. Questa monocoltura è responsa- bile della deforestazione di una parte rilevante della foresta amazzonica sia per ricavarne ter- reni agricoli, sia per la costruzione di reti stradali per il trasporto del prodotto ai porti principali. Inol- tre, poiché la soia coltivata in questi paesi è in buona parte Ogm, essa è responsabile del massiccio uso del Roundap (glifo- sato) della Monsanto, un pesti- MC R © Barilla - Fondazione BCFN, 2015 Impronta ecologica degli alimenti
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