Missioni Consolata - Marzo 2019
ideogrammi erano stati interpretati dagli avversari dei riti come 迷信 (= míxìn = credenza supersti- ziosa), quasi che l’anima fosse presente sulla tavo- letta. Di qui la reazione di Kangxi che nel 1706, so- stenuto dai gesuiti a corte, emise a sua volta un de- creto che regolava rigidamente la presenza dei mis- sionari cattolici. Ci furono poi diversi tentativi di dialogo, ma papa Clemente XI nel 1715 emise la bolla Ex Illa Die che ribadiva e confermava tutte le proibizioni ed esi- geva un giuramento dai missionari, abolendo di fatto una prima apertura tollerante di papa Cle- mente IX nel 1669. L’ultima parola da Roma fu nel 1742 quando con la bolla Ex quo singulari papa Be- nedetto XIV impose l’obbedienza e proibì ulteriori discussioni. La soppressione della Compagnia di Gesù voluta dai re europei nel 1747 tolse poi di mezzo i paladini del dialogo. Una questione non solo «romana» Questa concezione fraintesa di 天 («cielo») non solo vedeva contrari i gesuiti (che a corte avevano a che fare con la parte più colta e istruita della società ci- nese), ma anche la comunità ebraica di Kaifeng che fino ad allora aveva convissuto in modo pacifico con la comunità dei cattolici, pur rispettando i tre inse- gnamenti (buddhismo, taoismo, confucianesimo). Questa rifiutò l’interpretazione che equiparava il termine 天主 (= tiānzhŭ = Signore del Cielo) al si- gnificato di «signore-capo». Per loro il Signore del Cielo non era da identificare con un Imperatore su- premo, capo del Cielo su una terra ridotta ad uno squallido materialismo. E si poteva essere fedeli al Cielo, pur rispettando le autorizzazioni imposte dall’imperatore e dal potere centrale di Pechino. L’attribuzione del Signore-Capo del Cielo era una lettura occidentale che non teneva conto della sto- ria di Kaifeng. Ed era proprio la religione straniera che presumeva di interpretare i riti senza cono- scere le persone. Tale visione del mondo negava la storia della comu- nità che, fino a quel momento, aveva trovato sintesi coerenti di vita e di prassi fra l’ebraismo e l’insegna- mento di Confucio. Si confinava, così, il confuciane- simo sul precipizio di un’illusione, di un paganesimo che non riconosceva possibilità di dialogo e di rap- porto fra società cinese e religioni monoteiste. Veni- vano così frantumati i valori della pietà filiale. I protagonisti di questa controversia non furono solo l’Impero Celeste di Kangxi e la Santa Sede con i suoi vescovi. C’erano comunità, persone, valori, tradizioni, economie, legami ( 关系 , guānxì ) che si erano instaurati nella diversità̀ dei tre Sanjiao (= i tre insegnamenti cioè confucianesimo, taoismo, buddhismo) e delle tre religioni monoteiste che avevano imparato a stare insieme. Purtroppo, fu- rono esse che si trovarono travolte dall’effetto va- langa di questa disputa. Lo scontro di civiltà che ne derivò, ancora una volta, non venne previsto. Ma arrivò nel 1938. A Kaifeng. Fu infatti nel Novecento, durante il con- flitto sino-giapponese, che il Giappone, alleato dei nazifascisti europei, invase l’ex capitale della dina- stia Song, defraudando la storia della sua cultura e approfittando della debolezza interna dell’impera- tore cinese Po Yi. Attraverso un censimento, e quindi attraverso un controllo militare delle per- sone residenti a Kaifeng, i giapponesi presero il controllo degli abitanti e della loro religione. Kai- feng morì spiritualmente, poiché molti ebrei si tra- sferirono e furono costretti dalle circostanze a ven- dere la loro Torah e le suppellettili della sinagoga. D Qui sotto: la statua di un Cristo nella cattedrale di Jiaozuo, nella provincia di Henan. Gli ideogrammi sul retro dicono: personaggio esistito, appartenuto alla storia. A sinistra: i due vescovi «patriottici» - Joseph Guo Jincai e Giovanni Battista Yang Xiaoting - invitati dalla Santa Sede al Sinodo dei giovani dell’ottobre 2018. Non senza polemiche. © Greg Baker / AFP Il CIELO SOPRA PECHINO
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