Missioni Consolata - Marzo 2019
D avido e invadente nei confronti della religione cat- tolica, minoritaria in Cina. Furono soprattutto gli ordini di domenicani e francescani e alcuni missio- nari sotto il protettorato francese che evidenzia- rono la seduzione spirituale dei riti 12 . Il vicario apostolico del Fujian nel 1693 scrisse il primo decreto che proibiva l’uso dei nomi Tiān (Cielo) e Shàngdi (Signore supremo). Nel 1704 la Commissione del Sant’Uffizio di Roma inviò la co- stituzione apostolica CumDeus Optimus in cui si de- cise che le tavolette in pietra dove venivano ritratti gli avi defunti adottate dai cattolici dovevano omet- tere gli ideogrammi finali di «luogo dell’anima». Gli Cina e religione / 2 Vescovi «illegittimi e controrivoluzionari»? «I cittadini della Repubblica popolare cinese go- dono della libertà di credo religioso. Nessun or- gano dello Stato, organizzazione pubblica o in- dividuo può costringere i cittadini a credere o non cre- dere in qualsiasi religione, né possono discriminare i cit- tadini che credono, o non credono, in qualsiasi reli- gione. Lo Stato protegge le normali attività religiose. Nessuno può fare uso della religione per impegnarsi in attività che disturbano l'ordine pubblico, mettere in pe- ricolo la salute dei cittadini e interferire con il sistema educativo dello Stato. Enti religiosi e dei culti non sono soggetti ad alcuna dominazione straniera». Così recita l’articolo 36 della Costituzione cinese. Le reli- gioni ufficialmente riconosciute sono: buddhismo, taoi- smo, islamismo, protestantesimo, cattolicesimo . Nel 2008, anno delle Olimpiadi cinesi, molti vescovi e sa- cerdoti della Chiesa clandestina sono posti agli arresti domiciliari o costretti «all’ozio forzato» prendendosi delle vacanze ed è loro proibito di incontrarsi anche con membri provenienti dall’estero in occasione dei giochi olimpici. Trattamento diverso per chi ha visitato il villag- gio olimpico di Pechino dove sono stati costruiti appositi spazi di «spiritualità e preghiera» con rigorosa atten- zione al cibo offerto secondo le fedi: cristiana, buddhi- sta, musulmana, ebraica, indù. Trattamento di privilegio per gli ospiti stranieri. Evidente che, una volta, terminati i giochi olimpici, questa «liberalità di facciata» è finita. S i arriva così al 22 settembre 2018 con la firma dell’Accordo provvisorio fra Cina e Santa Sede sulla nomina dei vescovi. Nella Nota informativa si legge: «Al fine di sostenere l’annuncio del Vangelo in Cina, il Santo Padre Francesco ha deciso di riammettere nella piena comunione ecclesiale i rimanenti Vescovi «ufficiali» ordinati senza mandato pontificio: (segue il nome di sette vescovi)» ( vedi nota 1 ). I vescovi definiti «ufficiali» fino a quel momento sono quelli scelti dalle autorità cinesi senza o in opposi- zione al consenso della Sede apostolica. In realtà molto pochi - sette -, perché di fatto molti dei vescovi «ufficiali» avevano già chiesto in segreto l’approvazione papale. Tale accordo va ora tradotto nella realtà storica che è ricca di sfaccettature. Per ora, stando all’accordo, i candidati dell’episcopato verranno scelti dal basso, cioè dai rappresentanti delle diocesi e con il coinvolgimento dell’Associazione pa- triottica. Alcune linee guida cominciano a dischiudersi, ma occorre poi la pazienza di stare dentro le contraddi- zioni della quotidianità e della storia. Infatti, l’identità dei vescovi non è sempre categorizza- bile secondo questo binomio: legittimo-illegittimo. E l’altro interlocutore è il Pcc che, secondo ragioni di con- venienza, ha - in un passato recentissimo - chiamato i vescovi legittimi (approvati da Roma) come « controri- voluzionari» (in epoca maoista) o «clandestini» ed al- cune comunità cristiane come «eretiche». Ancora lungo e difficile è il cammino verso la libertà di professione dell’insegnamento cristiano e della fede nel Paese di mezzo. Non può sfuggire che ad oggi nelle dio- cesi di Luoyang e Xinxiang le chiese cattoliche sono state demolite, che a Puyang i presidenti dei Consigli Pastorali sono stati forzati dal governo ad indicare iden- tità e professione, unità lavorativa e certificato di fami- glia dei membri della comunità. Ed ancora che nella diocesi di Kaifeng, come a Zhengzhou, si legge all’en- trata lo slogan: «Avvertimento contro il culto - Campa- gna di educazione nella Chiesa cattolica: nei luoghi di attività religiose non si deve predicare ai minori». L a questione della croce. In un paese grande e variegato come la Cina non c’è uniformità sul tema. Di norma (ma non sempre), è possibile l’esistenza di croci - anche esterne - in edifici autorizzati. Rispetto al segno della croce è proibito sia privatamente che pubblicamente, perché in Cina non è concesso a nessuno di vivere la propria fede (fo- restiera, cioè estranea ai tre insegnamenti originali che re- stano confucianesimo, taoismo e buddhismo, in particolare il primo) se non in chiese ufficialmente riconosciute dal Par- tito. Vi.P. 44 MC MARZO2019 D
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