Missioni Consolata - Marzo 2019

L’imperatore Wanli e l’incarico ad Ai Tian La ragione per la quale, nel 1605, Ai Tian, ebreo ci- nese di Kaifeng e funzionario amministrativo, in- traprese il viaggio fu l’incarico istituzionale di veri- ficare l’identità religiosa di Matteo Ricci. Un inca- rico che nessuno prima - all’interno della comunità di Kaifeng - si sarebbe mai sognato di ricevere dall’Impero Centrale. A quell’epoca, 中国 (pronuncia secondo pinyin : zhōngguó = Paese di mezzo) 9 , lo «stare in mezzo» (termine composto di 中 = zhōng = centro, mezzo e di 国 = guó = paese, nazione) della Cina imperiale era anche «uno stare amministrativo», non ancora repubblicano-popolare. L’autorizzazione a risiedere in Cina era concessa solo ai membri di religioni dell’Occidente ricono- sciute dall’Impero, quali erano cristianesimo, ebrai- smo, islam. Ai Tian doveva incontrare Matteo Ricci per conto dell’imperatore Wanli (1563-1620) e veri- ficare l’effettiva appartenenza ad una delle religioni ufficialmente riconosciute come forestiere e auto- rizzate a convivere con il confucianesimo. Il viaggio fu da «ordalia» 10 poiché non esistevano indizi sull’i- dentità di Ricci. Occorreva «affidarsi» alle sorti, oc- correva rischiare. L’unico modo per verificare che Ricci non fosse legato a religioni malviste dall’im- pero era quello di incontrarlo e vagliare la sua fede monoteista. Matteo Ricci (Li Madou) era, prima di tutto, per Ai Tian, un uomo europeo: girovago, forse monoteista, non confuciano. Religione, un termine senza ideogramma Almeno fino alle guerre dell’oppio (1839-1842 e 1856-1860), la Cina resterà l’Impero Celeste. All’in- terno di esso, la parola «religione» non trovava an- cora una traduzione ideografica: non aveva cittadi- nanza culturale nella lingua scritta. Occorrerà attendere il passaggio tra Ottocento e Novecento per arrivare all’introduzione di un ter- mine: 宗教 ( zōng jiào composto di 宗 = zōng = ante- nato e di 教 = jiào = insegnamento). Dove l’ideo- gramma 教 jiào è polisemico: insegnamento, tra- smissione di conoscenze e abilità, addestramento, culto. L’esito fallimentare dell’incontro fra Cina e Occi- dente fra il Seicento e il Settecento produsse una frattura gravida di conseguenze. Una frattura che si sarebbe potuta evitare se si fosse tenuto conto delle tradizioni e delle fatiche, dei tentativi di comu- nicazione fra Ricci e Ai Tian. Il loro dialogare di fronte all’icona di Maria e Gesù con gli apostoli e gli evangelisti portò infatti a prospettive di concilia- zione e al completamento della stesura del trattato Dell’Amicitia (iniziato a Nanchino nel 1595) di Mat- teo Ricci. Tuttavia, questo non bastò ai successivi imperatori e rappresentanti della Santa Sede che si abbandonarono alla disputa e alle ragioni della guerra, piuttosto che alle motivazioni della pace. Un secolo dopo l'incontro tra Ricci e Ai Tian, fu l’il- lusione epocale dell’imperatore Kangxi che portò al fallimento del dialogo. Nel 1700, all’inizio della sua ascesa politica, Kangxi aveva celebrato e promosso l’apertura delle frontiere dell’Impero Celeste: una sfida al futuro che trovava la sua condizione di base nello scambio culturale fra istituzioni e gesuiti che abitavano la capitale. Questo obiettivo non aveva trovato, tuttavia, risonanza e sintonia nel mondo cattolico e a Roma. La crisi europea post Riforma e Controriforma aveva assopito l’interesse per la cul- tura e la conoscenza del Paese di mezzo, non- ostante la positiva riflessione del Concilio di Trento e lo sforzo da parte di alcune istituzioni ecclesiasti- che di uscire dal contrasto tra diritto canonico e di- ritto positivo della società secolarizzata 11 . Incomprensioni e conflitti Nel 1692, l’imperatore Kangxi aveva invitato alla sua corte studiosi e missionari; aveva concesso loro la libertà di culto e il permesso di praticare i riti cri- stiani. Questa concessione di «pax augustea» fra culti e riti in una versione orientale non fu accet- tata da tutti nel mondo cattolico. In Cina e a Roma iniziarono una serie di dispute fra le congregazioni e, in particolare, fra i gesuiti pre- senti in Cina e gli altri ordini. I riti che venivano contestati erano soprattutto i riti funebri che, in Cina, venivano officiati seguendo pratiche come l’offerta di cibo, di beni materiali (ad esempio, il de- naro che veniva fuso o comunque incenerito). L’in- vocazione dei defunti attraverso le tavolette su cui era incisa la genealogia familiare non era conside- rata degna di valore spirituale. Ciò che veniva con- testato era l’ambiguità del termine 天主 = tiānzhŭ = Signore del Cielo, che compariva nelle iscrizioni proprio come segno di compatibilità fra la religione cristiana e rito confuciano: il Signore del Cielo venne malamente interpretato come il capo su- premo di cielo e terra dall’interlocutore occidentale che lo identificò come un pericoloso Imperatore MARZO 2019 MC 43 D A sinistra: ritratto del papa Clemente XI, che governò dal 1700 al 1721, anno della sua morte. A destra: manifesto che celebra la Rivo- luzione culturale del presidente Mao. La scritta incita il popolo ci- nese a rovesciare i reazionari di ogni paese. D Il CIELO SOPRA PECHINO

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