Missioni Consolata - Marzo 2019

MARZO 2019 MC 13 gioso. Piuttosto una condivisione di vita, non grandi discorsi teolo- gici. Esperienze semplici e legami di amicizia che si possono tessere nel quotidiano. La causa di beatifi- cazione è stata voluta anche da papa Francesco, ma fin dall’inizio i papi hanno contribuito non poco a diffondere il messaggio. In prima li- nea c’è stato papa Giovanni Paolo II, che ne ha parlato a lungo du- rante il suo pontificato e ha fatto rappresentare il priore dei monaci, padre Christian De Chergé su un mosaico nella cappella Redempto- game di amicizia con chi è diverso. E ci sono anche i fanatici. Ammazzano in nome di Dio, ma che Dio portano dentro? Lo fanno davvero in nome della religione o ci sono altri motivi? Nell’islam spesso c’è un misto tra potere temporale e spirituale. In Europa adesso questa commistione non c’è più, ma in passato non è stato così, come ai tempi dei crociati. Ha un senso essere missionari in questi paesi e portare le presenza di Gesù Cristo in mezzo a popoli di- versi, per essere portatori di spe- ranza, in un mondo che non vive nella speranza, ma fa fatica a ve- dere una via d’uscita. Poi c’è il senso dell’accoglienza che fa parte della fede cristiana, entrare nel volto dell’altro che è un pezzo del volto di Cristo; il prendersi cura delle persone. Tanti missionari hanno dato la loro vita fino in fondo, per rimanere fedeli al po- polo a cui erano stati inviati». Il processo di beatificazione dei 19 martiri è stato piuttosto rapido. «La rapidità della procedura è si- gnificativa. Da parte della Santa Sede c’era il desiderio di mandare avanti la cosa, perché queste storie ci portano su una via diversa da quello che è il dialogo interreli- MC A ris Mater che è quella del papa in Vaticano. Lo ha fatto fare nel 2000, meno di quattro anni dalla loro morte. Poteva essere rischioso, es- sere intesa come provocazione. Lui ha deciso di rappresentare questa presenza della chiesa nel mondo musulmano». Padre Thomas Georgeon è mo- naco trappista dal 1994. Ha fatto parte del gruppo di trappisti che nel 1998 è tornato in Algeria a quattro anni dal martirio dei sette confratelli, per verificare se c’e- rano le condizioni per riprendere la vita monastica nel paese. Ma i tempi non erano ancora maturi e l’esperienza si è chiusa nel 2000. Intanto padre Georgeon ha avuto altri incarichi per il suo ordine, compresa una permanenza di otto anni in Italia. Nel 2013 è diventato postulatore per la causa di beatifi- cazione dei 19 martiri. «Quando mi è stato chiesto dall’arcivescovo di Algeri di essere postulatore mi sono ricordato le parole dell’abate che aveva seguito il tentativo di reinserimento in Algeria. Al mio ri- tiro, per vari motivi, mi aveva detto: “Vedrai che il tuo dono per l’Algeria e la chiesa algerina un giorno prenderà un’altra forma, che oggi non conosci”». Marco Bello © © Af Emi

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