Missioni Consolata - Marzo 2019

12 MC MARZO 2019 sto l’alterità è un cammino di cre- scita. Guardiamo l’atteggiamento di Gesù nei Vangeli, penso a quello di Giovanni, il modo in cui Gesù va incontro alle persone, non è un messaggio che s’im- pone, ma c’è, innanzi tutto una relazione che bisogna tessere piano piano, nel quotidiano. Una cosa abbastanza semplice». i messaggi che si stanno veico- lando in europa e in Usa sono piuttosto quelli della xenofobia, della costruzione di muri per paura dell’altro, dello straniero. Come ci possono aiutare le sto- rie dei 19 martiri? «Essendo ignoranti di quello che l’altro è, cadiamo facilmente nella paura, quindi ci fermiamo e ci rin- chiudiamo e vogliamo costruire delle mura per essere circondati e protetti. Nella storia dell’umanità, quando i paesi hanno provato a vivere così, a un certo momento sono crollati. L’altro, nella sua diversità, mi aiuta a capire qual è la mia identità, chi sono io, e mi aiuta anche a cre- scere nella mia fede, a radicarmi. Quando s’incontra qualcuno che ha una fede diversa non si tratta di diventare un altro, si tratta di ve- dere nell’altro ciò che mi può arric- chire nella mia identità e nella mia fede cristiana. È una chiamata a conoscere bene e integrare bene cos’è la fede cristiana, e qual è il messaggio che Gesù ci ha lasciato. Questo è un cammino che ci porta a non costruire barriere tra di noi perché Gesù ci ha chiamati ad amarci gli uni gli altri e ci ha chiesto di amare i nostri nemici. Oggi vi- viamo in un mondo in cui i politici provano a chiudere le frontiere. Anche nella realtà cattolica av- viene questo: alcuni credenti pre- feriscono rimanere tra di loro. Al contrario, cosa ci chiede il papa dall’inizio del suo pontificato? Di uscire dalle nostre chiese e andare incontro agli altri, andare nelle pe- riferie. Questi martiri hanno vis- suto il pontificato di papa France- sco con 20 anni di anticipo». guardando all’africa, vediamo alcuni paesi a maggioranza islamica nei quali la chiesa sta soffrendo. Penso a Niger, Mali, Burkina Faso. Che paragone si può fare con l’algeria di quegli anni? «In Algeria era una guerra civile. La chiesa non è mai stata perse- guitata, ha sempre fatto parte della società algerina. C’è stato un cambiamento notevole dopo la guerra d’indipendenza (1954- 1962, ndr ), perché molti cristiani andarono via, lasciando chiese, centri diocesani, opere di carità. Poi, sotto l’impulso del cardinale Léon-Etienne Duval, la chiesa cat- tolica decise di diventare una chiesa algerina. L’intuizione del cardinale Duval è stata quella di dire: «Dobbiamo diventare una chiesa dell’amicizia, dell’incon- tro». I cattolici erano presenti in ambiti che andavano incontro ai bisogni degli algerini, come quello educativo, sociale, sanita- rio. Anche negli anni ’90 la posi- zione della chiesa è stata bella, perché durante quel periodo tra- gico sarebbe stato più facile an- darsene, ma molti hanno fatto la scelta di restare, facendo questo cammino interiore, un discerni- mento per decidere di rimanere fedeli a Cristo, al Vangelo, ma an- che all’amato popolo algerino. La chiesa in tanti paesi oggi è una presenza ospite, non più trion- fale: una realtà piccola, umile, però sempre aperta. Ma per dia- logare bisogna essere in due: o ci troviamo di fronte a persone che hanno il desiderio della condivi- sione e della costruzione di una fraternità universale, come di- ceva il padre Charles de Foucauld, oppure ci troviamo di fronte a persone che non vogliono ve- derci, sentirci, amarci, e che fanno di tutto per farci andare via». Qual è oggi il senso di vivere come cristiani in terra islamica? «Può essere diverso a seconda dei paesi. È diverso in Iraq, Siria, dove c’è una persecuzione. C’è gente che vuole azzerare le differenze e tutto deve sparire. Lo abbiamo vi- sto con le statue giganti e le chiese distrutte. Un azzeramento delle di- versità. Inoltre è difficile parlare di un islam, in quanto ci sono tante cor- renti diverse. Ci sono correnti che non vogliono sentire parlare di vio- lenza e provano a vivere un le- algeria © Af Emi Qui : suor Esther Paniagua Alonso, missionaria agostiniana spagnola, durante l’incontro con papa Giovanni Paolo II. Suor Esther fu uccisa il 23 ottobre 1994 con la consorella Caridad Álvarez Martín. A destra : padre Christophe Lebreton, uno dei sette monaci trappisti di Tibhirine assassinati nel maggio 1996. In basso : il libro edito dalla Emi, con le storie dei 19 martiri d’Algeria, scritto da Thomas Georgeon e Christophe Henning (2018, € 16). #

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