Missioni Consolata - Gennaio / Febbraio 2019

60 MC GENNAIO-FEBBRAIO2019 Per esempio, un lavoratore dell’edilizia ha uno stipendio adeguato? «Cosa vuol dire adeguato? Anche qui ci sono leggi sul salario mi- nimo. Sicuramente rispetto a quello che guadagnano o potreb- bero guadagnare a casa loro è molto di più. Il grande problema è cosa fare quando non sono pa- gati o lo sono ma in ritardo di mesi. Qui iniziano i problemi e un giro legale. Un governo dovrebbe controllare di più affinché queste cose non capitino. In questi ultimi 15 anni hanno fatto dei grandi progressi, ma questo rimane un problema serio. Può così acca- dere che alcuni partano poveri e ritornino ancora più poveri. Altri che hanno visto la loro situazione sbloccarsi quando erano già tor- nati al loro paese lasciando indie- tro gli stipendi che per legge gli spettavano. Alle nazioni che esportano manodopera nei paesi del golfo dovremmo dire: non aspettatevi di arrivare in un para- diso. Molto spesso è una vita dura o durissima, anche quando le cose vanno normalmente. Qui si guadagna di più ma questo ha un prezzo umano. Molte famiglie si sfasciano. Per questo cer- chiamo di aiutare i nostri fedeli con la pastorale». Se io sono un migrante, in que- sti paesi ho diritto all’istru- zione, alla sanità, insomma a usufruire dei servizi pubblici? «Dipende dove sono. Ad esem- pio, ad Abu Dhabi l’assicurazione sanitaria è obbligatoria. Quindi, un datore di lavoro non può fare un contratto di lavoro senza. An- che noi come Chiesa siamo obbli- gati. L’accesso alle strutture sani- tarie c’è, anche se alcune strut- ture sono soltanto per i locali. Spesso gli indiani preferiscono andare a casa propria dove la sa- nità è meno cara ed è buona. Quanto alla scuola, è essenzial- mente privata ed è un problema per le famiglie meno abbienti a causa delle rette. Come Vicariato abbiamo scuole aperte a tutti (anche ai musulmani) e a prezzi accessibili. Questa è la nostra missione, perché per i ricchi ci sono scuole sufficienti». Monsignore, dopo quasi 15 anni nella Penisola Arabica, come giudica questa sua espe- rienza? «Io sono andato in Arabia con una certa reticenza. Avevo paura ad accettare la nomina. Una volta ar- rivato mi sono dato completa- mente a questo compito, nono- stante tutti i problemi. I fedeli mi hanno dato gioia, vedendo una Chiesa non perfetta ma molto at- tiva, impegnata, motivata, che mi ha aiutato ad approfondire me stesso e la mia fede. Mi sento fe- lice qui anche se è un mondo di- verso che mi rimarrà sempre un po’ straniero, ma ho imparato molto da questa cultura e non vor- rei mi mancasse. Forse vent’anni fa avrei risposto diversamente a una simile domanda». Paolo Moiola E poi dalla Corea e dall’America Latina. Insomma, dal mondo in- tero. Nella nostra chiesa abbiamo più di 100 nazionalità diverse». Queste persone che tipo di pro- fessionalità hanno? «C’è un po’ di tutto, ma in partico- lare si tratta di lavoratori del set- tore delle costruzioni. Nel 2020 a Dubai ci sarà l’esposizione mon- diale, nel 2022 nel Qatar il campio- nato mondiale di calcio: c’è e ci sarà bisogno di tanti operai per due progetti mastodontici. Vivono in zone residenziali a parte. La mattina sono trasportati con il bus al lavoro per tornare alla sera. Questi non possono partecipare pienamente alla vita parrocchiale anche se facciamo degli sforzi per aiutarli un po’. Per esempio, orga- nizzando il venerdì il trasporto alla chiesa. Poi ci sono le impiegate domestiche che sono legalmente più deboli e meno protette, anche se dipende molto dal datore di la- voro. Ci sono alcuni che portano i loro impiegati alla messa, e poi aspettano per riportarli indietro. Altri invece le trattano come vere e proprie schiave». Sopra : la moschea dello Sceicco Zayed, ad Abu Dhabi; il logo della visita di papa Fran- cesco negli Emirati il 3-5 febbraio 2019. © Werner Bayer #

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