Missioni Consolata - Gennaio / Febbraio 2019

Prove di dialogo con l’islam Monsignore lei crede che con l’islam sia possibile dialogare? «Penso di sì e comunque non c’è altra scelta. Quando si arriva ai contenuti delle nostre fedi diverse sicuramente si hanno dei problemi enormi da superare, perché un dialogo comporta le competenze che io per esempio non ho, dato che non sono esperto in islamolo- gia. Sono capace di fare un dialogo umano perché vivo in questa si- tuazione, ho delle persone che co- nosco che possono discutere su questo, ma non è un approfondi- mento delle posizioni ideologiche che posso fare. Ci sono dei tenta- tivi. Prima di tutto ci vuole la cono- scenza propria e dell’altro. E poi trovare dei campi dove andare avanti insieme, come la pacifica- zione in questi paesi che è una preoccupazione di tutti. Ci sa- ranno possibilità sul campo carita- tivo dove c’è una certa collabora- zione e dialogo. Poi c’è la que- stione di avere rispetto per l’altro, rispettare l’altra religione nella sua 58 MC GENNAIO-FEBBRAIO2019 qualità malgrado le debolezze che noi notiamo o pensiamo di notare. Sono 15 anni che sono qui e il ve- dere come vivono, come si forma la vita, mi ha fatto crescere il ri- spetto verso gli altri, e spero sia vi- ceversa, quando loro vedono come noi viviamo. Ciò può aiutare a superare pregiudizi e anche ele- menti di conflittualità. Quando io conosco qualcuno nella sua diver- sità e lo rispetto, c’è meno rischio che ci attacchiamo fisicamente come è successo nel passato». Sono migranti (non immigrati) Risponde al vero che la maggio- ranza dei fedeli cattolici pro- viene dalle larghissime fila degli immigrati in questi paesi? «Dobbiamo essere chiari nella ter- minologia: non sono immigrati nel senso stretto, ma migranti. Ci hanno detto questo gli stessi go- verni. Non siamo immigrati perché non possiamo rimanere e non possiamo diventare cittadini. Non esiste possibilità di naturalizza- zione, neppure per quelli che par- lano arabo. Pertanto, si parla di migranti che stanno in questi paesi per un tempo limitato. Tra essi ci sono alcuni di classe media che potranno rimanere pratica- mente per la vita, ma che non sa- ranno naturalizzati. Possono re- stare se sono in grado di pagarsi il soggiorno che è concesso per 2 o 3 anni. Se poi qualcuno perde il la- voro, deve andarsene. Anche la Chiesa deve essere molto cauta perché non può promettere ai propri preti di farli restare per tutta la vita. Essere migranti ri- mane la nostra sorte. Come ho detto tante volte, siamo “una Chiesa di migranti per migranti”. Dal vescovo, fino all’ultimo arri- vato a Dubai o ad Abu Dhabi». Migranti, dunque. Ma da dove provengono? «Per quanto riguarda gli Emirati, vengono soprattutto dalle Filip- pine e dall’India, ma anche da altri paesi arabi (Siria, Libano, Pale- stina) e dall’Africa, sempre di più. (segue a pagina 60) Sopra : migranti dall’India e dal Bangla- desh al lavoro nei pressi del Khalifa Sta- dium, a Doha, in Qatar. A sinistra : i loghi dell’Expò del 2020 a Dubai e dei mondiali di calcio del 2022 in Qatar, eventi per i quali è indispensabile il lavoro di migliaia di migranti. # © Andreas Gebert / DPA / dpa Picture-Alliance / AFP

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