Missioni Consolata - Gennaio / Febbraio 2019
Monarchie inamovibili La benevolenza degli Stati Uniti di Trump verso l’Arabia Saudita deriva da questioni di business, da questioni geopolitiche, o da che altro secondo lei? «Alla radice secondo me ci sono due cose principali, una è sicura- mente l’economia. Chiaro che es- sendo il petrolio sotto il suolo dell’Arabia Saudita (e degli altri stati vicini), c’è un interesse eco- nomico. D’altra parte, gli Stati Uniti hanno sempre visto nell’Ara- bia Saudita un fattore di stabilità, non guardando se il regime garan- tisce o meno i diritti umani. Quando ci sono di mezzo politica e business, gli stati occidentali non guardano molto alla morale. Non voglio dare un giudizio ma fare una constatazione che vale non soltanto per gli Stati Uniti ma an- che per i paesi europei». MC A suo personale giudizio, in questi paesi, il concetto di de- mocrazia nell’accezione che se ne dà in Occidente potrà mai esistere? «Non direi mai, ma sicuramente non in tempo breve. In questi paesi tutta la struttura, anche tri- bale, è un impedimento. Senza di- menticare che queste monarchie non vogliono perdere il potere. Ci saranno dei passi verso elementi democratici della Shura , il parla- mento islamico, che comunque non rappresenta tutta la popola- zione (i migranti ad esempio sono esclusi). Io mi aspetto una condivi- sione più grande da parte della popolazione indigena e cittadina, questo sì. Non a breve comunque, e come lo faranno non lo so. Non sarà una democrazia come la co- nosciamo noi. C’è poi un altro ele- mento da non dimenticare: loro guardano quello che succede negli Stati Uniti e in Europa o in altri po- sti e non sono necessariamente entusiasti di ripetere quello che ci sta capitando. Forse anche noi in Occidente dobbiamo riscoprire cosa vuol dire essere democratici con responsabilità». Questo discorso che ha fatto vale per tutti i paesi dell’area arabica o soprattutto per l’Ara- bia Saudita? «Direi per tutti gli stati, ricordando che lo Yemen formalmente è una repubblica e non una monarchia. Però abbiamo visto che non fun- ziona se non rispettano certi ele- menti della tradizione. Dovreb- bero trovare il modo di combinare tradizioni antiche con una moder- nizzazione nella condivisione del potere». GENNAIO-FEBBRAIO2019 MC 57 L’assassinio del giornalista saudita L’affaire Jamal Khashoggi Forse il coinvolgimento del principe ereditario non sarà mai provato. Tuttavia, l’assassi- nio del dissidente ha messo in grande imbarazzo Riad. E il presidente Trump. A lato : Jamal Khashoggi ospite di una trasmis- sione di al-Jazeera; la prima pagina del Wa- shington Post, il quoti- diano Usa con cui il gior- nalista collaborava, con il servizio sull’assassinio ordito dal regime saudita. # I l 2 ottobre 2018 il giornalista saudita Jamal Kha- shoggi entra nel consolato del suo paese a Istanbul per sbrigare una questione burocratica relativa al matrimonio con la sua fidanzata turca. Da quel mo- mento si perdono le sue tracce. Qualche giorno dopo la sua scomparsa si scopre che è stato ucciso da funzionari sauditi e - pare - smembrato. Tutto sembra indicare Mohammed bin Salman (Mbs) come mandante dell’omi- cidio. Nato a Medina nel 1958, Khashoggi era un giornalista moderato ma cri- tico verso il proprio paese e in particolare verso il principe ere- ditario Mbs, da molti (frettolosa- mente) eletto al ruolo di riforma- tore della monarchia saudita. Costretto al silenzio, nel 2017 Khashoggi aveva deciso di trasferirsi negli Stati Uniti, dove collaborava come opinionista al Wa- shington Post . Q ualsiasi sarà l’evoluzione della vicenda (le ac- cuse della Turchia, della Cia, del senato Usa, ecc.) per il principe ereditario saudita non ci dovrebbero essere conseguenze. Lo si è visto anche al summit del G20 di Buenos Aires, all’inizio di di- cembre, quando Mbs ha stretto mani e dispen- sato sorrisi. L’assassinio di Khashoggi non po- trà certo fermare l’ascesa del giovane e ambi- zioso rampollo di re Salman. PaoloMoiola A © al-Jazeera
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