Missioni Consolata - Gennaio / Febbraio 2019

Da Manda a Sanza Tempo fa a Manda fui ospite di padre Toni Za- nette, da 51 anni in Tanzania. Con lui visitai alcuni villaggi e, tra un luogo e l’altro, raccolsi le sue ri- flessioni. «Ho girato questa zona in lungo e in largo, dicendo a tutti: la religione di Gesù Cristo non è un imbroglio, ma rivela la politica di Dio per costruire una società giusta e approdare allo svi- luppo vero». «E la gente ti ha creduto?», domandai. «Non lo so - rispose -. Fra i Wagogo il cristianesimo è ancora un fattore nuovo, ma l’interesse sta crescendo». A pranzo padre Toni mi offrì i funghi. E citò il detto africano: «Oggi piove, ma i funghi non li trovi domani». Per dire che a Manda bisogna saper at- tendere. Nel pomeriggio andai con lui nella cappella di un villaggio per alcuni battesimi. Ad un tratto avvertii un mormorio: stava entrando una capra al guinza- glio di un musulmano. Silenzio assoluto. Il nuovo arrivato ne approfittò per dire: «Padre Toni, sono qui per ringraziarti. Tu ci hai portato l’acqua sca- vando 10 pozzi in questa terra desertica. Accetta il dono di questa capra». Applauso di tutti, mentre la capra acconsentiva al passaggio di proprietà con un garrulo belato. Il primo keniano «Oggi lavoro a Sanza, a 50 chilometri da Manda - esordisce padre Isaac Mbuba -. Mi si permetta di notare: i primi missionari della Consolata in Tan- zania erano bianchi e venivano dal Kenya, mentre io sono il primo missionario della Consolata nero, proveniente pure dal Kenya». Seguì la risata mia e sua. Eravamo in cucina, sor- seggiando il tè. Padre Isaac oggi ha 65 anni ed è in Tanzania da 34. Agli inizi avvertì un’aria di sospetto nei suoi con- fronti, perché proveniva dal Kenya capitalista di Jomo Kenyatta, mentre in Tanzania vigeva il socia- lismo di Julius Nyerere. Ma non ci badò. Lavorò in varie parrocchie. A Kigamboni incontrò un vento di perplessità, «perché ero il primo par- roco nero, mentre tutti i precedenti erano bianchi». Inoltre c’era tensione fra i musulmani in maggio- ranza e i cristiani in minoranza. «Però la Consolata mi ha dato saggezza per non schierarmi contro nessuno». La conversazione toccò l’argomento scottante dei soldi. «Noi africani dobbiamo impegnarci maggior- mente con iniziative concrete, per essere economi- camente autosufficienti», rileva il missionario. Faccio notare: «Oggi l’evangelizzazione non è più in mano ai missionari europei, bensì a quelli africani. Padre Isaac, dopo 34 anni di Tanzania, quali sono le tue raccomandazioni ai confratelli africani?». «Le raccomandazioni sono tre: • la prima, maggiore attenzione ai catechisti, che sono i primi evangelizzatori del paese; senza cate- chisti la chiesa è morta; • la seconda, maggiore collaborazione con i laici; i laici fanno crescere la chiesa, non solo i padri; spesso noi preti siamo separati dalla gente, i laici no; • la terza, che non è una raccomandazione, bensì una dichiarazione: ringrazio il Signore per essere missionario e missionario della Consolata». Epilogo A Iringa ho completato il dossier sul Centenario dei missionari della Consolata in Tanzania. Poco fa ho sostato davanti al monumento dell’Indipendenza della nazione, con la sua fiaccola. Anche i missionari della Consolata, in preparazione al loro Centenario, hanno accesa una fiaccola, che è passata in pellegrinaggio in tutti i loro centri di evangelizzazione. Ennesima luce per illuminare e consolare. Francesco Bernardi 42 MC GENNAIO-FEBBRAIO2019 D Qui sopra: donne Maasai delle missione di Ujewa. | A destra : Tosa- maganga, processione di s. Giuseppe davanti alla cattedrale, 1936. D © AfMC

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