Missioni Consolata - Gennaio / Febbraio 2019
scritto dai grandi profeti biblici. Le sue prediche erano lunghe; a volte drammatiche, ma mai noiose o ideologiche. Egli seppe leggere e discernere gli eventi dolorosi del suo popolo, dando conto tempe- stivo e certo dei tanti morti e scomparsi. Per questa ragione esse si trasformarono in un punto di riferimento non solo per i salva- doregni, ma anche per molti cen- troamericani. Il caso più noto è quello della sua ultima omelia, su cui ha scritto nella citata poesia dom Pedro Ca- saldáliga: «San Romero d’America, nostro pastore e martire: nessuno potrà zittire la tua ultima omelia». Come sappiamo, essa firmò la sua condanna a morte perché ebbe l’audacia di dire ai militari: «Nel nome di Dio e in nome di questo popolo sofferente i cui lamenti sal- gono al cielo ogni giorno più tu- multuosi, vi supplico, vi prego, vi ordino nel nome di Dio: termini la repressione». A essi Romero chiese anche di ob- bedire prima che ai loro capi alla voce della coscienza e alla legge di Dio che dice «Non uccidere». Il mon- signore a quel punto era andato troppo ol- tre e per questo do- veva essere messo a tacere. Per capire que- sto cammino di Romero, oc- corre prendere in considera- zione il ruolo che giocarono i gesuiti della Uca, soprat- tutto i padri Ignacio Ellacuría e Jon Sobrino, teologi ben preparati e ap- prezzati a li- vello internazionale. Anche in que- sto caso si tentò di screditarlo di- cendo che era un «utile tonto e burattino dei gesuiti». Il poco che ho raccontato del nuovo santo serve soltanto per ca- pire il percorso che lo ha portato a diventare un simbolo di molte delle lotte che sono state fatte in America Latina e in molte altre parti del mondo dove la povertà e la violenza continuano a mietere vittime. Quelle che padre Gustavo Guitiérrez definisce «i morti prima del tempo». Tutti a Roma Roma, 12 ottobre 2018. Allo scopo di partecipare alla cerimonia di ca- nonizzazione di monsignor Ro- mero, viaggiamo alla volta di Roma io e il padre Gabriel Estrada, comboniano come me. Arriviamo nel pomeriggio. Il giorno succes- sivo, nei pressi di piazza San Pie- tro, partecipiamo alla Conferenza internazionale di giornalismo per la pace nella sala San Pio X di Città del Vaticano. Nella sala c’è un’interessante mo- stra di fotografie, immagini e testi riferiti alla figura e al messaggio di mons. Romero mentre sulla fac- ciata della Basilica di San Pietro già luccicano i tappeti con le immagini dei nuovi santi. Paolo VI al centro, mons. Romero alla sua destra e Francesco Spinelli alla sua sinistra. Gli altri sono collocati in luoghi strategici senza che la loro posi- zione ne sminuisse l’importanza. Il giorno dopo, molto presto, al cancello d’ingresso arrivano pelle- grini dall’Italia e da molte altre parti del mondo. La celebrazione dell’eucaristia è prevista per le 10 del mattino. Dopo aver letto una breve biografia dei 7 «candidati», il papa viene invitato a scriverli nella lista dei santi. E così succede. L’assemblea approva la decisione con applausi ed esclamazioni en- tusiastiche. A causa del modo in cui fu assassinato, del suo insegna- mento e del suo radicale impegno per i poveri, i sofferenti e i più ab- bandonati, Romero è il santo che riceve più consensi. Nella sua omelia, il papa sottoli- nea come Paolo VI, Romero e gli altri santi abbiano speso la vita per il Vangelo e per i loro fratelli. GENNAIO-FEBBRAIO2019 MC 27 pronunciato con forza ed empa- tia, ha aperto la speranza di una canonizzazione precoce del «monsignore», come lo chiamava la gente del suo villaggio. La conversione di Romero: da timido a profeta Romero si era guadagnato l’osti- lità e gli attacchi dell’oligarchia e dei settori più conservatori della Chiesa a causa della sua crescente scelta per i più poveri e vulnerabili tra la popolazione salvadoregna. In questo suo cammino di conver- sione, un momento fondamentale fu l’assassinio (12 marzo 1977) di padre Rutilio Grande. Romero, arcivescovo di San Salva- dor, che fino ad allora era stato un uomo timido, conservatore e de- voto, lasciò da parte le sue debo- lezze e prese una decisione corag- giosa e profetica che nessuno avrebbe potuto immaginare: per il funerale del prete assassinato, suo amico e confidente, ordinò di sop- primere tutte le celebrazioni euca- ristiche per celebrarne una sola. Lasciata alle spalle la sua timidezza e la spiritualità tradizionale e pieti- stica, si trasformò nel pastore dei poveri, di tutte le vittime della violenza. Lasciò la sacrestia per camminare con la sua gente della quale ascoltava e osservava il dolore con attenzione e ri- spetto. Cambiò anche il tono delle sue omelie che, a poco a poco, andarono acquisendo toni profe- tici e drammatici. La gente semplice che non poteva assistere alle sue messe domenicali nella cattedrale seguiva con attenzione (attra- verso la radio) le sue pre- dicazioni che, senza ti- more di esagerare, pote- vano essere paragonate a ciò che è stato detto e MC A Qui a destra : uno dei tanti murales dedicati a mons. Romero. Sopra a sinistra : la gente in piazza san Pietro, a Roma, domenica 14 ottobre 2018, giorno della canoniz- zazione di Romero. # • Martirio | Oppressione politica | Perdono • © Erik Cleves Kristensen
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