Missioni Consolata - Gennaio / Febbraio 2019

GENNAIO-FEBBRAIO2019 MC 21 • Aborto | Elaborazione del lutto | Tabù | Solitudine | Consolazione • MC A perdite di gravidanza non hanno spiegazione. Un tabù che genera solitudine L’arrivo di una gravidanza nella vita di una coppia è un evento spartiacque che richiede ai genitori una rivo- luzione nel loro modo di affron- tare la vita. La morte del bimbo atteso è un secondo spartiacque, un terremoto. Anche per quelli che hanno già al- tri bambini, il lutto per il piccolo che si spegne nel grembo è grande. L’evento costringe la cop- pia a rinunciare al suo progetto genitoriale. Quella creatura già tanto amata viene a mancare. I genitori sono assaliti dall’incre- dulità e dal dolore, poi da una grande confusione emotiva: si mi- schiano in loro vissuti di vergo- gna, paura, rabbia, dubbi e sensi di colpa: «Non siamo riusciti a proteggerlo»; «Se fossimo andati subito al pronto soccorso...». Assieme al dolore, allo spaesa- mento e al senso di colpa, so- vente i genitori in lutto sentono una grande solitudine. La morte in gravidanza, pur essendo fre- quente, è percepita come innatu- rale e vissuta come un tabù. Spesso, di fronte a essa, le per- sone fuggono (dai, non parliamo di queste cose tristi) o negano (non era neanche un bambino; ma sì, ne farete altri), qualcuno è insofferente (dopo tre mesi soffri ancora?). Sembra che il lutto di questi geni- tori non abbia diritto di esistere, che sia un sentimento inoppor- tuno ed esagerato. Sembra che quei bambini siano figli solo per loro: «Allora dentro di me - scrive Silvia - inizia a salire il grido di una mamma orfana. È il grido di una madre che vuole far sapere al mondo che ha avuto un figlio che è morto! Non è stata una fanta- sia, è stato reale!». L’associazione CiaoLapo La storia di Silvia e Nicola è stata raccolta in un libro 4 dall’associa- zione CiaoLapo 5 , nata nel 2006 a Prato da due «genitori speciali», Claudia Ravaldi e Alfredo Van- nacci, in ricordo del loro piccolo Lapo, morto in utero a 38 setti- mane. CiaoLapo si occupa, da un lato, di accompagnare le famiglie in lutto e, dall’altro, di ricerca scientifica e di formazione rivolta al personale sanitario. Ai tempi del loro lutto, in Italia non c’era sensibilità sul tema, e per Claudia e Alfredo è stato fon- damentale conoscere associa- zioni che operavano in altri paesi. Avendo formazione medica e psi- cologica, hanno iniziato a impor- tare la ricerca scientifica estera strutturando un modello per ac- compagnare i genitori e uno di istruzioni per operatori sanitari. Oggi l’associazione ha referenti in tutte le regioni italiane e accom- pagna genitori in lutto con l’aiuto psicologico individuale e i gruppi di auto mutuo aiuto seguiti da professionisti volontari. Abbiamo sentito Micaela Dar- sena, psicoterapeuta volontaria di CiaoLapo dal 2012: «L’associa- zione accoglie tutti. Che siano ge- nitori passati attraverso l’interru- glio, prima della nascita e, per la gran parte, erano morti evitabili. Il 98% degli stillbirths avvengono nei paesi a basso e medio reddito dove l’assi- stenza sanitaria è carente o as- sente. Nello stesso periodo i bimbi morti entro i primi 7 giorni dalla nascita sono stati 2 milioni: 4,6 milioni di morti perinatali. In Italia , la morte perinatale ri- guarda 4,1 bimbi ogni mille nati vivi. Nel 2016, quando le nascite sono state 468.345, le morti peri- natali sono state 1.920 : circa 700 nei primi sette giorni dalla nascita, gli altri in utero, dopo la 28 a setti- mana. Nello stesso anno, secondo l’Istat 2 , nel nostro paese gli aborti spontanei sono stati 61.580 . Di questi, l’89% (55mila) sono avve- nuti entro le prime 12 settimane (46.500 entro le 10). Le interru- zioni volontarie di gravidanza sono state 84.874 . In Italia, un bimbo concepito su quattro , il 23%, non sopravvive . Uno studio della Johns Hopkins University 3 stima che negli Usa fi- niscano in un aborto spontaneo il 30-40% dei concepimenti. Si parla di stima e non di dati registrati perché la maggior parte di essi av- viene prima che la donna si sia ac- corta di essere incinta e non danno luogo, quindi, a un ricovero ospedaliero. Lo stesso studio, inoltre, afferma che il 50% delle

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