Missioni Consolata - Dicembre 2018
rio privato. Un’impostazione ultra- liberista che nega sovranità alla sfera pubblica in favore dei mer- cati. Essa va messa in discussione non per spirito nazionalista, ma per una questione di democrazia e giustizia sociale. Prima l’interesse dei creditori Ce ne siamo accorti quando l’at- tenzione dei mercati, dopo avere devastato banche e imprese, si è concentrata sui debiti pubblici, ul- timi ambiti rimasti da saccheg- giare. La speculazione ha affon- dato i suoi denti nei polpacci dei paesi più deboli e non ha mollato la presa finché i governi non hanno adottato politiche di fi- nanza pubblica che mettessero l’interesse dei creditori prima di quello dei cittadini. Nessuno condanna la specula- zione, neanche le istituzioni euro- pee che appaiono come ammini- stratori di un condominio i cui condomini, al di là delle scale e Ma allora perché tutti seguono questa strada? I fautori dell’uscita dall’euro sostengono che ci sia una sola ragione: perché l’unica alternativa sarebbe quella della svalutazione, cosa impossibile a causa della moneta unica. Di qui la proposta di tornare a una moneta propria che ci consenta di recupe- rare competitività non attraverso la svalutazione salariale bensì tra- mite quella valutaria. Da quando l’Italia è tornata a cre- scere, la disoccupazione si è ri- dotta e il saldo commerciale con l’estero è tornato di segno posi- tivo, il dibattito attorno all’uscita dall’euro si è smorzato. Ma altre ragioni, dalle conseguenze sociali ancor più gravi, ci impongono di mantenere acceso il dibattito sull’euro, non tanto per stabilire se mantenerlo o lasciarlo, ma per discutere come governarlo . Nella sua impostazione attuale, l’euro è una moneta a paga- mento, affidata al sistema banca- E la chiamano economia 78 MC DICEMBRE 2018 modello tedesco la strada da se- guire per tornare a correre: la Ger- mania, infatti, dicono i suoi estima- tori, è in testa alle esportazioni eu- ropee perché ha impegnato risorse importanti in investimenti tecnolo- gici che hanno aumentato la pro- duttività e la qualità dei prodotti, e anche perché ha saputo varare riforme occupazionali, salariali, fi- scali che hanno ridotto i costi delle aziende. Detto fatto: in tutta Eu- ropa si è puntato a ridurre il costo del lavoro tramite l’esasperazione del precariato, il ridimensiona- mento del sindacato, la riduzione salariale e dei contributi sociali. Una strada, però, che da una parte approfondisce il divario fra profitti e salari, portando all’aumento del- l’iniquità, dall’altra crea le pre- messe di una futura instabilità. Meno soldi in tasca alle famiglie, infatti, significano meno consumi e quindi rallentamento della produ- zione, con nuove possibilità di crisi economica. © Jodi Graphics
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