Missioni Consolata - Dicembre 2018
DICEMBRE 2018 MC 77 U n vento antieuropeista soffia per l’Europa, dal Danubio all’Atlantico, dal Mediterraneo al Polo Nord. I partiti nazionalisti l’hanno intercettato e lo amplificano in funzione anti straniero, convo- gliando le ansie e le paure provo- cate dall’iniquità. Il fondamento ideologico di questi movimenti è l’identità nazionale, in nome della quale viene fatto accettare ai cit- tadini qualsiasi abuso, ingiustizia, privazione di libertà. L’immigrazione e l’appartenenza all’Ue dunque sono le circostanze utilizzate dai nazionalisti per fo- mentare lo spirito xenofobo. Gli immigrati vengono strumenta- lizzati dipingendoli come coloro che ci rubano i posti di lavoro e si appropriano indebitamente del nostro stato sociale. L’Europa viene strumentalizzata dipingendola come una camicia di forza che vuole limitare la nostra sovranità. Ma colpevolizzare l’Eu- ropa perché limita la sovranità de- gli stati aderenti è come colpevo- lizzare il cane perché abbaia di notte quando vede un pericolo. Perché i nazionalisti hanno successo Il compito del cane è quello di fare la guardia. Allo stesso modo, il compito degli organismi sovrana- zionali è quello scrivere regole che condizionino la sovranità degli stati in nome di un interesse co- mune . Del resto agli stati rimane sempre la libertà di decidere se aderirvi o rimanerne fuori. I nazionalisti si oppongono agli or- ganismi sovranazionali per princi- pio, tutti gli altri decidono se ade- rirvi o meno in base agli obiettivi che l’organismo si prefigge e ai principi che lo animano. Da questo punto di vista, anche i non nazio- nalisti hanno la necessità di ripen- sare l’Europa. Se non lo faranno loro, la consegneranno definitiva- mente nelle mani dei nazionalisti, i quali non la elimineranno, ma la trasformeranno in una nuova en- tità di cui è difficile prevedere la connotazione economica, ma che di certo avrà le sembianze di una fortezza con i confini ben difesi. Verosimilmente il nuovo patto eu- ropeo a quel punto potrebbe fon- darsi su due obiettivi: il manteni- mento di un mercato comune in- terno e la chiusura militarizzata dei confini esterni. Il primo per compiacere le imprese, il secondo per le frustrazioni dei cittadini. Europa, da madre a matrigna Oggi i nazionalisti hanno buon gioco ad alimentare lo spirito anti europeo, perché l’Europa è mac- chiata da un peccato originale che la fa essere più matrigna che ma- dre. Stiamo parlando della scelta mercantilista: finché ha avuto come applicazione pratica la crea- zione di un mercato comune, non ha provocato molti contraccolpi, ma quando si è realizzata nella moneta unica, ha orientato la pre- dilezione dei governanti europei verso i forti e gli interessi privati, in spregio a quelli comuni. L’Europa, ignorando che l’euro, senza meccanismi di compensa- zione, poteva trasformarsi in uno tzunami per i paesi e le imprese più deboli, e ignorando che chi gestisce la moneta, di fatto, gestisce il po- tere, si è dotata di un’architettura monetaria che favorisce le imprese ad alta capacità concorrenziale con- tro quelle meno competitive e le banche contro i governi. Se esaminiamo le statistiche com- merciali stilate dopo l’introduzione dell’euro, notiamo che Olanda, Bel- gio e Germania hanno avuto un co- stante ed elevato saldo commer- ciale positivo nei confronti degli al- tri paesi dell’Unione europea. Al contrario Francia, Austria, Porto- gallo, Grecia hanno avuto un co- stante saldo negativo. Quanto all’I- talia, notiamo un andamento altale- nante: in pareggio fino al 2009, poi negativo fino al 2012, infine di nuovo positivo ai giorni nostri. È proprio durante gli anni della crisi - quando il Pil e le esportazioni scen- devano e la disoccupazione saliva al 13% -, che anche in Italia si è comin- ciato ad avere dubbi sulla conve- nienza a rimanere nell’euro. Qual- cuno ha iniziato a proporre addirit- tura di uscirne per rimettersi in piedi. Quest’idea poggia sulla con- vinzione che l’Italia vada male per- ché non è abbastanza competitiva rispetto agli altri paesi, sia quelli in- terni che esterni all’Unione euro- pea, e che le servirebbe una propria moneta da svalutare, cosa che l’ap- partenenza all’euro però non per- mette. Quest’analisi, per la verità, è condivisa anche dal pensiero domi- nante, il quale però individua nel Vento antieuropeista? Un’altra Europa è possibile Per poter proseguire il suo cammino, l’Europa deve cambiare. Smettendo di proteggere gli interessi privati e la speculazione per porsi al servizio delle persone e del bene comune. E la chiamano economia PRIMA LA CONOSCIAMO, PRIMA LA CAMBIAMO La rubrica di Francesco Gesualdi
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