Missioni Consolata - Dicembre 2018

Q ueste storie, raccon- tate da donne immagi- narie, non sono inven- tate, piuttosto le ab- biamo messe insieme. Sia le donne che le storie. Le abbiamo ascoltate nella periferia della capi- tale della Mongolia, dove vivono le bambine come Oyun alle prese con il difficile adattamento alla città. Un’impresa per chi ha vis- suto sempre all’aria aperta con le greggi e si trova ora a dover af- frontare povertà, alcolismo, vio- lenza ed emarginazione. E un in- quinamento mostruoso, con quantità di polveri sottili 133 volte più alte di quelle che l’Oms (Orga- nizzazione mondiale della sanità) considera accettabili e una funzio- nalità polmonare dei bambini del 40% più bassa rispetto ai coetanei che vivono in aree rurali. Le abbiamo incontrate in Kenya, dove organizzazioni locali - nelle quali spesso lavorano donne for- mate nelle nostre scuole - cer- cano di accompagnare le comu- nità a comprendere i danni cau- sati dalla Mgf e trovare vie alter- native all’iniziazione alla vita adulta e al matrimonio. Le abbiamo intuite nelle parole delle anziane indigene come Mi- lagros, che si trovano a vivere in un mondo capovolto dove nes- suno le può più proteggere e ac- cudire perché possano riposare dopo una vita passata a lavorare e prendersi cura della famiglia ma, al contrario, devono rimet- tersi in gioco e migrare - come a oggi stanno facendo centinaia di migliaia di venezuelani - o, bene che vada, cavarsela da sole @ . A tutte queste donne è dedicato il nostro Natale. Perché siamo convinti che prima dei doni da scambiarsi e da aprire venga il dono delle persone. E chi dice donna, dice dono. Vuoi aiutarci? Vedi a pagina 83 come fare. MC R DICEMBRE2018 MC 63 A sinistra : Kenya, Samburu, anche il be- stiame partecipa alla festa dell’inizia- zione. | A fianco : donne warao del Vene- zuela a Pacaraima, Roraima, Brasile. # M i chiamo Milagros , ma a scrivere questa lettera è mia nipote, Noellys. Io so leggere ma ho difficoltà a scrivere. Alle donne indigene della mia età non è stato insegnato bene. Domani partiamo. Lasciamo la no- stra terra e andiamo in Brasile. Qui a Tucupita non si può più stare. Il Venezuela ormai è troppo povero. Io ho il diabete e qui non riesco più a comprare le medicine. Mio figlio Raphael ha un lavoro, ma il suo salario di un mese basta appena per mangiare una setti- mana e niente altro. Andremo prima in un posto che si chiama Pacaraima. Hanno fatto tutti così. Tutti quelli che sono partiti prima di noi. Sono tantis- simi. Poi andremo a Boa Vista op- pure a Manaus, così ha detto Raphael. Lui cercherà un lavoro e speriamo di poter stare meglio. Sono preoccupata, molto preoc- cupata. Il viaggio è lungo e io sono vecchia. Farò molta fatica. Poi bi- sogna sperare che tutto vada bene. Che facciamo se i brasiliani non ci vogliono? Se ci cacciano? Se ci attaccano? A qualcuno par- tito prima di noi è successo @ . E quando saremo di là che cosa succederà? Mio figlio e mia nuora troveranno lavoro? Io potrò aiu- tarli? Certamente terrò i miei ni- poti mentre i loro saranno al la- voro. Io so anche fare le amache e i cesti di moriche . Io e mia sorella Maria lo abbiamo insegnato a tante donne, eravamo le più esperte. Troverò la palma di mori- che là dove andiamo? E qualcuno vorrà le mie ceste? Chiara Giovetti della manyatta e quando ebbero finito, mio padre chiamò mia ma- dre, Regina e i miei fratelli e disse a mia sorella che poteva tornare a scuola. Mia madre non mosse un muscolo del viso mentre mio pa- dre parlava, ma Regina dice che appena lui girò le spalle per rien- trare in casa lei fece un sorriso come non le aveva mai visto fare. Regina ha continuato e finito la secondaria e mentre era a Wamba a studiare ha conosciuto Daniel, il giovane uomo smilzo di- plomato in elettrotecnica che sta per diventare mio cognato. A dire la verità lo è già: lui e Regina si sono sposati la settimana scorsa in chiesa a Wamba ma hanno vo- luto fare anche il matrimonio tra- dizionale qui al villaggio, per ren- dere omaggio ai loro genitori e alla cultura dalla quale veniamo. La famiglia di Daniel ha anche pa- gato la dote, come vuole la tradi- zione. Guardo il bel viso di mia sorella decorato con ocra rossa, il suo collo ornato di collari colorati, cerco di immaginare la sua gioia quando fra poco indosserà il mporro engorio , la collana delle donne sposate, e ringrazio Dio perché siamo qui. © AfMC / Zac Kariuki

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