Missioni Consolata - Dicembre 2018

in Iran è rappresentato dal regno di Mohammad Reza Pahlavi (1941-1979), l’ultimo scià del paese, du- rante il quale gli ebrei videro migliorare da molti punti vista il loro status. Per la prima volta, circa la metà dei membri delle nuove generazioni poté stu- diare in scuole di comunità nelle quali era previsto, fra l’altro, l’insegnamento dell’ebraico. Da un punto di vista socioeconomico, diversi ebrei conobbero una rapida ascesa in campo imprendito- riale, accademico e medico, professione quest’ul- tima nella quale storicamente si erano sempre di- stinti qui come altrove. Si stima che, negli anni ’60 e ’70, la comunità ebraica iraniana fosse la più fa- coltosa dell’intero continente asiatico, al di fuori di Israele. Molti di loro lasciarono il paese dopo la ri- voluzione del 1979 per trasferirsi in Europa, negli Usa e in Israele. Dopo la rivoluzione islamica Più complessa e, certo meno positiva, è la valuta- zione dell’epoca tuttora in corso, sorta in seguito alla rivoluzione islamica guidata da Khomeini. Sebbene la nuova Costituzione della Repubblica islamica, approvata nello stesso anno, riconosca e tuteli ufficialmente la religione ebraica, insieme a cristianesimo e zoroastrismo, non sono purtroppo mancati, soprattutto nei primi anni del nuovo corso, esecuzioni e gravi episodi di violenza nei con- fronti di diversi membri della comunità. Spetta proprio a un ebreo, l’imprenditore miliona- rio Habib Elqanian, il triste primato di primo uomo d’affari vittima del nuovo regime, nel maggio 1979. Seguirono, nel dicembre 1980, altre sette esecu- zioni di ebrei iraniani, e altre due nel 1982. Su di essi gravavano accuse che andavano dallo spionag- gio a favore di Israele e degli Usa, fino alla corru- DICEMBRE2018 MC 43 D zione e all’alto tradimento. Un ulteriore duro colpo per la comunità si ebbe nell’agosto 1980, con la fuga del rabbino capo Yedidia Shofet dal paese, e con l’invito da lui rivolto ai suoi correligionari a fare al- trettanto. Eppure, anche in questa prima fase durissima, e a dispetto degli eventi traumatici di cui sopra, non è semplice parlare di un piano persecutorio preciso, né di una volontà, da parte del nuovo regime, di estirpare la comunità ebraica locale. Del novembre 1979, ad esempio, è la seguente affermazione dell’a- yatollah Khomeini: «Gli ebrei sono differenti dai sionisti; se i musulmani vinceranno i sionisti, lasce- ranno in pace gli ebrei. Essi sono una nazione come le altre». È importante notare come tale distin- zione fra ebraismo e sionismo sia alla base, negli ul- timi anni, di molte dichiarazioni da parte dei rap- presentanti della comunità ebraica iraniana. Affer- mazioni, certo, non libere da timori e da un’inevita- bile necessità di tutelarsi in un ambiente in parte ostile, eppure, come detto, il semplice fatto che questa comunità nonostante tutto resista rappre- senta un segno di pace e di speranza, da non tra- scurare in alcun modo. Nonostante una grave flessione demografica fra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta, in Iran vivono ancora oggi diverse migliaia di ebrei, e sono in funzione diverse sinagoghe e scuole per i mem- bri di questa comunità millenaria. Questi vivono Sopra : Younes Hamami Lalehzar, rabbino capo della comunità ebraica in Iran, legge le preghiere dopo aver acceso le candele della «Menorah» (il candelabro a olio a sette bracci, uno dei sim- boli più antichi della religione ebraica) nella sinagoga di Abrishami, al centro di Teheran. D MINORANZE IN IRAN © Behrouz Mehri / AFP

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