Missioni Consolata - Dicembre 2018
32 MC DICEMBRE2018 se ne sta a poppa, cioè in fondo alla barca, dietro a tutti. E non solo, ma indifferente e disinteressato a quanto accade, se ne sta anche «sul cuscino», che è un non senso in questo contesto. Una barca di pescatori non ha un cuscino per riposare comodi: la barca è sporca, piena di salsedine e nessuno vi porterebbe un cuscino. Poiché è inverosimile, biso- gna fermarsi e interrogarsi sul suo senso «nasco- sto». L’evangelista vuole esprimere qualcosa che probabilmente ha ricevuto dalla tradizione orale, un significato importante. Cuscino (gr. proskefà- laion , lett. capezzale/guanciale/cuscino ) è un ter- mine che indica ciò che si mette sotto la testa di un defunto (cfr. Lisia, XII,18). Detto così, il cuscino e il sonno di Gesù sono un ri- ferimento anticipato alla sua morte e alla sua lon- tananza: verrà veramente un giorno in cui Gesù non ci sarà più fisicamente e regnerà l’angoscia della persecuzione: «Ancora un poco e non mi ve- drete più» (Gv 16,16-20, qui 16). L’episodio è un’evidente riflessione post pasquale, quando la prima comunità cristiana si interroga su come Gesù, assente fisicamente , possa essere pre- sente nella storia. Come a dire: il Signore è morto, se n’è andato, noi siamo soli in balia delle onde: chi ci salverà? Perché il Signore ci abbandona e non interviene? È il dramma che si consuma sem- pre nella storia, specialmente nel sec. XX, che ha visto i genocidi pensati scientificamente, la shoàh programmata in ogni particolare. In tutto questo dov’era Dio? Con una formula a effetto si parla di «silenzio di Dio». Già nel capitolo 4, l’evangelista ci mette in guardia sul fatto che andare dietro a Gesù non è una passeggiata, ma un cammino verso la morte e la morte violenta (tempesta). Qui è anche la prova che la vita di Gesù descritta nei vangeli, è illuminata costantemente, a posteriori , dalla luce della Pasqua: morte e risurrezione, che ci vengono offerte come le chiavi per entrare nella dinamica del pensiero di Dio. Mc 4,38b Allora lo svegliano e gli dicono: «Maestro, non t’importa che moriamo?». Il testo greco usa il verbo al presente che dona vi- vacità e contemporaneità all’azione: «Lo sve- gliano» (gr. eghèirousin , lett. lo risorgono ). Si po- trebbe anche tradurre con un drammatico: «Conti- nuano a svegliarlo». Non è sufficiente per loro la presenza assente del Signore, essi lo vogliono ve- dere all’opera e quindi non si rassegnano alla sua morte. Gli apostoli sembrano dire: come facciamo adesso che tu non ci sei? È un’accusa a Dio di non occuparsi di loro, di lasciarli soli: essi esprimono un senso materialistico della fede. Il versetto dice la fatica che vissero i discepoli nel loro cammino di fede prima di interiorizzare la risurrezione e la pre- senza di Gesù come dinamica delle proprie respon- sabilità. Solo dopo la Pasqua con l’irruzione dello Spirito Santo, capiranno di essere responsabili dell’«Assenza-Presenza» del Signore attraverso il sacramento o magistero della testimonianza. Mc 4,39a Dopo essersi svegliato, intimò al vento e disse al mare: «Silenzio!/Sta’ zitto!». Gesù deve risorgere perché i suoi apostoli non sono in grado di reggere la sua morte: sono perduti. Egli deve svegliarsi dal sonno della morte e riprendere in mano la situazione per ristabilire i confini della competenza di Dio e quelli della natura. «Intimò» (da epitimàō - io intimo/minaccio ) è un verbo che nella LXX è riservato all’autorità con cui Dio domina le forze negative (Sal 9,6; 67/66,31; 105/104,9; 118/117,21), mentre nel Nt, Gesù lo utilizza negli esorcismi contro le forze del maligno che dominano l’uomo (cfr. Mc 1,25 per l’uomo posseduto e Mc 3,12 per gli spiriti impuri). Il mare è sede degli spi- riti malvagi ed è dominato da Gesù che assume su di sé la potenza creatrice di Dio: «Silenzio! Sta’ zitto!». Il verbo greco siôpàō , usato qui all’impera- tivo «(fa) silenzio/taci!», in Mc 3,4 indica il silenzio ostinato dei farisei: «Essi rimasero in silenzio», un silenzio nemico, ostile, oppositore, un silenzio che è premessa di morte. Il silenzio che impone Gesù è invece quello del suddito che deve obbedienza al suo signore. Mc 4,39b Il vento cessò e sopraggiunse una grande calma. Alla parola autorevole di Gesù corrisponde un fatto: «Il vento cessò». Gesù domina le acque come Yhwh dominò il Mare Rosso (cfr. Es 14,15-31), come il Creatore dominò gli abissi e regolò e rin- chiuse entro i confini prestabiliti le acque delle ori- gini (cfr. Gen 1). Gen 1 ha lo stesso schema: «Dio disse …. E così fu!» (Gen 1,3.6-7.9.11.14-16.20- 21.24.26-27.29-30). Anche Gesù ordina, intima, co- manda e così avviene. Gesù è il senso nuovo del creato e con lui l’ordine della creazione è ristabilito per essere riportato al suo «principio» e al suo fine. Dio non è la risposta ai nostri bisogni; egli è la pro- spettiva del nostro senso, la direzione del nostro obiettivo esistenziale. Mc 4,40 Poi disse loro: «Perché siete codardi? Ancora non avete fede?». Il termine greco dèilos significa meschino/codardo e indica chi non osa affrontare il nemico (cfr. Dt 20,8; Gdc 7,3; Sir 22,18; Sap 9,14-15). Non basta stare fi- sicamente con il Signore per avere il coraggio della lotta o vivere un impegno di fede. Si può essere specialisti di Dio, praticanti di molta religione, si possono fare indigestioni di preghiere precosti- tuite, si può passare la vita a imparare a memoria la Bibbia, si può essere specialisti di essa, ma si può anche restare del tutto privi di fede perché fuori dalla prospettiva di Dio e dalla sua logica. Si può es- sere preti, frati, monaci, monache, vescovi e papi ed essere tecnicamente religiosi, ma sostanzial- mente atei. La fede non è uno stato o un accredito, ma un impegno da assolvere e da condividere; non è la conseguenza di un miracolo, ma la premessa di Insegnaci a pregare
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