Missioni Consolata - Dicembre 2018

DICEMBRE2018 MC 31 Insegnaci a pregare COSÌ STA SCRITTO di Paolo Farinella, prete 20. La preghiera immerge nella presenza dell’Assente 1,5) scatenando così una grande tempesta che solo l’ammissione della colpa farà cessare. I cre- denti rinnegano il loro Dio quando ne vogliono li- mitare l’anelito universale di salvezza. Nel rac- conto del Vangelo la colpa della tempesta è deter- minata dall’incredulità degli apostoli (cfr. Mc 4,40- 41) che vorrebbero impedire a Gesù di andare verso i pagani. È lo stesso atteggiamento che mol- tissimi cosiddetti credenti hanno verso gli immi- grati, i poveri del Sud del mondo che vengono, no- velli «Lazzari», a mendicare le briciole delle nostre mense (cfr. Lc 16,21) e che assumono la forma della nuova Nìnive, da cui anche noi scappiamo, pensando forse che il Dio di Gesù debba tutelare solo noi, abbandonando gli altri alla deriva, nel cuore della tempesta della povertà. « 12 Cristo Gesù: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà. 13 Qui non si tratta infatti di mettere in ristret- tezza voi per sollevare gli altri, ma di fare uguaglianza. 14 Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza sup- plisca alla vostra indigenza, e vi sia uguaglianza, come sta scritto: 15 “Colui che raccolse molto non abbondò, e colui che raccolse poco non ebbe di meno”» (2Cor 8,12-15). Al di fuori della logica dell’ agàpē , sacramento primo del riconoscimento dell’altro e dell’acco- glienza, ogni discorso religioso è un gargarismo va- cuo. La tempesta è un’opposizione all’ordine di Gesù: «Passiamo all’altra riva». I Giudei che si ri- tengono superiori ai pagani non vogliono mi- schiarsi con essi. In termini moderni è l’aberra- zione della civiltà occidentale che si crede supe- riore alle altre e di alcuni, anche religiosi, che pre- tendono che Dio s’identifichi con essa. Se così fosse, il Dio di Gesù Cristo rimarrebbe ancora nell’ambito della concezione territoriale o nazio- nalista: il Dio di una parte, non il «Padre nostro», cioè di tutta la famiglia dei popoli della terra. Mc 4,38a Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Il versetto è drammatico per due motivi: mentre tutto attorno parla di paura e di pericolo mortale, l’evangelista sottolinea il contrasto di un Gesù che Concludiamo la lettura di Mc 4,35-41 , iniziata nella puntata precedente (MC n. 11, nov 2018). Mc 4,37 Allora sopraggiunse una forte tempesta di vento; le onde si scagliavano contro la barca tanto che ormai era piena. Si pone il problema della presenza di Dio che il no- stro ateismo religioso semplifica nella convinzione che Dio debba intervenire come un orologiaio ad aggiustare le cose della natura, gli errori o le malva- gità degli uomini. Quando diciamo: se Dio è Padre (se è buono, se è onnipotente, ecc.), non dovrebbe permettere questo o quello (dolore, sofferenza, ca- taclismi, ecc.), non siamo consapevoli della bestem- mia che proferiamo, bisognosi come siamo di un «dio-jukebox» pronto a cantare la canzone che vogliamo, pigiando un tasto. La pre- senza di Dio nella barca della vita e della Chiesa non ci risparmia la fatica del cam- mino personale lungo la nostra storia e il nostro percorso di maturazione con il la- voro che comporta e le regole insite nella vita stessa che è vita «umana», cioè limitata, caduca, mor- tale. Essere cri- stiani non ci mette al ri- paro dalle tempeste e dalle bufere che ci sovra- stano. Sullo sfondo di questo rac- conto c’è quello di Giona che scappa da Dio per- ché non accetta che egli sia «salva- tore» dei pagani e si mette a dormire nella stiva (cfr. Gio © AfMC / Mozambico

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