Missioni Consolata - Dicembre 2018
DICEMBRE2018 MC 25 chiude quasi interamente la città di Betlemme. Queste suore si trovano ogni giorno a operare in un territorio ostile. Eppure, non perdono mai il sorriso. Suor Laura, direttrice dell’istituto, e suor Bruna, educatrice, mi rac- contano che il loro sogno è di po- ter ampliare la struttura, acco- gliere più bambini e soprattutto far sì che si radichi il pensiero che la sordità non preclude una vita sociale attiva e partecipativa. In Palestina, infatti, questa proble- matica viene trattata con vergo- gna da parte delle famiglie. Ep- pure riguarda una percentuale del 3% della popolazione, e in alcuni villaggi particolarmente isolati, si arriva sino al 15%, classificandosi così fra le più alte del mondo. Questo avviene principalmente a causa dell’eredità genetica in quanto circa il 40% dei matrimoni in Palestina è endogamico, ovvero combinato all’interno della fami- glia allargata. Le suore di Effetà, lavorano perché questi bambini abbiano il diritto a una vita quanto più possibile se- rena e integrata pur vivendo ogni giorno in un contesto difficile. La presenza del muro di sicurezza, il filo spinato, le telecamere, i mili- tari armati e i check point certo non sono la premessa ideale a un’infanzia serena. Camera con «svista» Proprio a Betlemme è nato il « The walled off hotel », l’hotel provoca- zione di Banksy, artista e writer inglese, considerato uno dei mag- giori esponenti della steeet art e molto noto anche per il suo attivi- smo politico. Costruito proprio a ridosso del muro che separa Israele dalla Palestina (Betlemme dista poco più di 20 minuti in bus da Gerusalemme), si fregia del ti- tolo di «Hotel con la peggiore vi- sta del mondo». Dalle camere si può vedere il muro, le torrette di controllo, e, subito oltre, i territori israeliani. Una vista da incubo sulla continua violazione della libertà, anche solo di quella dello sguardo, ope- rata in quei territori. L’hotel oggi è diventato un vero e proprio polo di attrazione turistica: in molti vengono qui a lasciare la propria firma, la propria frase sul muro di separazione. Senza nulla obiettare al messaggio di Banksy, resta da capire quanto questa spettacola- rizzazione del dolore possa por- tare reale beneficio. All’interno dell’hotel è stato creato anche un museo e una gal- leria che raccontano la storia della Palestina e dell’occupazione da parte degli israeliani. Ci sono guide che portano in giro i turisti per far vedere loro le condizioni di vita attorno al muro e all’interno dell’Aida Camp, il campo profughi fondato nel 1948, il cuore della lotta all’occupazione israeliana. La volontà è certamente quella di far conoscere la situazione del po- polo palestinese: George, un ra- gazzo che lavora per l’hotel di Banksy, mi racconta, per esempio che l’acqua viene razionata. Distri- buita ogni due settimane e nel giorno prefissato ogni quartiere dovrà raccoglierne quanta più possibile. In effetti, guardando i tetti delle case palestinesi, si possono osser- vare su ciascuna serbatoi d’acqua. Qualora una famiglia dovesse ter- minare la propria scorta, dovrà andare a procurarsela diretta- mente alla compagnia che con- trolla l’erogazione, pagando circa 70-80 dollari per riempire il serba- toio. George mi racconta anche delle restrizioni che il governo israe- MC A
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