Missioni Consolata - Dicembre 2018

palestina-israele 22 MC DICEMBRE2018 la possibilità di creare un dialogo. Il movimento ogni anno elegge un gruppo di quattro donne che for- mano la squadra al comando per dodici mesi. Non si basa su una fi- gura carismatica, ma sulla parteci- pazione popolare. Women wage peace è una realtà controcorrente non solo perché professa la pace. Hamutal mi spiega, infatti, che in Israele vige ancora una mentalità fortemente maschilista. Il regno della donna è la casa: lì è la regina, ma dalla vita pubblica viene tenuta fuori. Women wage peace sfida questa realtà: le donne combattono per- ché la loro voce venga ascoltata. Dunque è un doppio obiettivo quello che si prefiggono: da un lato l’accesso alla vita pubblica, la libertà di opinione, e dall’altro, ovviamente, un accordo di pace. Hamutal mi spiega che sono ispi- rate dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu 13-25 che stabiliva che, siccome le donne sono le più colpite nei conflitti, devono anche divenire parti attive nella trasformazione e nella riso- luzione degli stessi. «È molto più facile per me cre- dere che ci possa essere una pace o una collaborazione tra Ebrei e Palestinesi, credere nel potere delle persone e specialmente delle donne di portare la pace. È molto più facile per me pensare questo, piuttosto che accettare il fatto che non ci sarà mai pace». È lo spirito che ha mosso donne co- raggiose a dare il via a quello che ad oggi è diventato un movi- mento con 40mila persone iscritte. Una varia umanità Women wage peace raccoglie iscritti da tutto il mondo: decine di migliaia di membri apparte- nenti alle frange politiche di de- stra, centro e sinistra, arabi, ebrei, laici, religiosi, dai paesi alle perife- rie, donne dai kibbutz e dagli inse- diamenti. Tutti uniti per la richie- sta di un mutuo accordo nonvio- lento condiviso da entrambe le parti. Moltissime le iniziative organiz- zate: a partire dalle tremila donne che nel 2015 hanno circondato la Knesset - il parlamento monoca- merale di Israele - per chiedere un’iniziativa di pace, e dalla cele- bre Marcia della speranza, nel 2016, quando trentamila persone, donne e uomini, ebrei e arabi, israeliani e palestinesi hanno mar- ciato per due settimane dal Nord del paese sino a Gerusalemme. Le immagini di quella marcia hanno fatto il giro del mondo: mi- gliaia di donne piene di speranza, di commozione e di gioia unite in un tentativo pacifico ed estremo allo stesso tempo. In un mondo dominato, almeno di questi tempi, dalla ferocia, è scon- volgente trovare tanto accani- mento nel ricercare una pace che molti ritengono impossibile. Sì, perché Hamutal crede ferma- mente nella pace, pur essendo lei nata e cresciuta a Gerusalemme, fra conflitti e confini delimitati da mura e filo spinato. Lei, costretta a prestare servizio militare, giac- ché in Israele la leva è obbligato- ria per tutti, eccezion fatta per gli ebrei ultraortodossi. Le donne de- vono prestare servizio per due anni, gli uomini per tre. Un mondo senza check point Quando nacque il suo primo figlio, Daniel, Hamutal gli promise che non sarebbe dovuto entrare nel- Pagina precedente : Betlemme, ragazzi vi- cino al muro. In queste pagine : «Eppure avete lo stesso passo», a Gerusalemme, un ebreo orto- dosso e un arabo. #

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