Missioni Consolata - Dicembre 2018
DICEMBRE 2018 MC 11 • Silenzio | Preghiera | Carceri | Impegno sociale | Natale • MC A all’Eremo del silenzio dentro la piccola palazzina interna al car- cere dedicata alle donne terrori- ste: occhi vivaci dietro un paio di occhiali tondi dai colori brillanti, barba brizzolata più folta dei ca- pelli, indossa un giubbotto spor- tivo sopra un maglioncino grigio. All’anulare sinistro porta la fede nuziale. Si definisce un «ricerca- tore», un cercatore di silenzio, ma anche un cercatore di prati- che sociali, d’iniziative di aiuto nei confronti di persone in diffi- coltà: a scuola, in carcere, in ospedale. Il luogo Oltrepassato il portoncino del muro perimetrale, ci troviamo di fronte a un altro portone nel se- condo muro che circonda tutte le strutture dell’ex carcere. La vista è piuttosto desolante: muri spessi e alti, macchiati dall’umidità e dallo smog, con pezzi d’intonaco staccati, tubi che scorrono lungo le pareti. In più oggi è una gior- nata senza sole. Più avanti, attraversando un cor- tile, un’altra porta conduce den- tro la struttura. Alla sua destra, alcuni finestroni lasciano intrave- dere l’ambiente nel quale le per- sone recluse ricevevano le visite dei famigliari. Ora è la biglietteria del museo: un muretto di circa un metro di altezza con lastre di ve- tro di 30-40 cm sulla sua sommità separa la stanza in due. Di qua se- devano i famigliari su delle specie di panche in muratura, di là i de- tenuti. Oggi, negli orari di aper- tura del museo, di là c’è il bigliet- taio, di qua le persone, spesso studenti accompagnati dai loro insegnanti, che vogliono visitare il carcere. Juri è attivo sia nel mondo carce- rario che in quello della scuola. Ed è stato proprio grazie alle visite al museo delle classi accompagnate da lui che un giorno, otto anni fa, ha scoperto, nella sezione femmi- nile, un piccolo ambiente abban- donato. Lì avrebbe fatto sorgere l’Eremo. «Ero arrivato in anticipo. Cono- scevo da tempo il direttore del museo del carcere, quindi mi sen- tivo libero di girare nella strut- tura. Mentre aspettavo che arri- vasse la classe che dovevo ac- compagnare, ho scoperto questa palazzina abbandonata». Attra- verso qualche corridoio e diverse porte, Juri ci ha condotti in un piccolo cortile con un po’ di orto, di prato e qualche pianta. Indica di lato, a sinistra, una piccola struttura di due piani. «Negli anni Settanta c’era bisogno di posto per le detenute terroriste, e al- lora hanno costruito questo fab- bricato. Era il loro 41bis. Quando l’ho scoperto, era in condizioni di completo abbandono. Era da un po’ che riflettevo su un luogo nel quale potermi “ritirare”, allora ho parlato con il direttore del museo che mi ha concesso l’utilizzo di quegli spazi, e di lì a poco ho ini- ziato a venire per risistemarli. Non c’era riscaldamento, luce e al nuovissimo grattacielo di una nota banca. Ma, soprattutto, ci troviamo davanti al muro alto e scuro dell’ex carcere «Le nuove», fondato a metà Ottocento e at- tivo fino al 2001. Accanto a un pesante portone carrabile c’è un portoncino verde, piccolo ma dall’aspetto altret- tanto pesante. Un’insegna ci dice che siamo di fronte al museo del carcere di Torino. L’unico indizio sull’Eremo sta nella scritta incollata sopra una delle due buche per le lettere a sinistra del portoncino. Ad accoglierci viene Juri Nervo, l’uomo che ha dato vita nel 2011 A sinistra : al primo piano della palazzina che un tempo era dedicata al carcere duro per le donne condannate per terrorismo. Qui : Juri Nervo, classe 1976, laico, spo- sato e operatore sociale in scuole, carceri e ospedali di Torino. È l’anima dell’Eremo del silenzio. Sotto : la cella-cappella. #
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