Missioni Consolata - Novembre 2018
Politica e religione Voto laico, ma non troppo Il Messico è un paese a maggioranza cattolica, ma con una crescita esponenziale degli evangelici. Come sono state affrontate dalle Chiese le elezioni dello scorso luglio? MESSICO I n Messico, come in molti altri paesi dell’America, non si può parlare più della «Chiesa», ma delle «Chiese» perché queste e il numero dei loro se- guaci aumentano di giorno in giorno. Su questo argomento, Leonardo Alvarez, l’11 maggio scorso, ha scritto sul quotidiano El Pais (nella sua ver- sione internazionale): «Il Messico non sfugge al conte- sto latinoamericano che ha trasformato il culto evan- gelico in una forza elettorale importante e diffusa». Cita anche l’esempio del Costa Rica, dove, ai primi di aprile, Fabricio Alvarado era sul punto di ottenere la vittoria elettorale con un programma marcatamente evangelico e, nel 2016, in Colombia, il voto maturato nei templi è stato decisivo per la vittoria del «No» nel ple- biscito per la pace con le Farc. Ma, se prendiamo in considerazione la sua dimensione, non possiamo non citare il Brasile dove il gruppo parlamentare evange- lico ha provocato la caduta e l’allontanamento della presidente Dilma Rousseff. P er quanto riguarda il Messico, anche se l’articolo 40 della Costituzione lo definisce come un paese laico e la legge elettorale vieta partiti religiosi, il Partito incontro sociale (Pes) nelle elezioni del 1° luglio si è presentato in coalizione con il Movimento di rige- nerazione nazionale (Morena) di Amlo. Il Pes è stato fondato da Éric Flores, appartenente ad una chiesa evangelica, ed ha tra i suoi obiettivi la difesa dei valori tradizionali e della famiglia tradizionale. Si- tuazione questa che contrasta con l’ideologia di Mo- rena su questioni come il matrimonio di coppie omo- sessuali, l’aborto e la legalizzazione delle droghe. Per Roberto Blancarte, uno studioso di questo tema, l’u- nione tra Obrador e il Pes è «più spirituale che strate- gica», perché le chiese evangeliche, sorte soprattutto tra i settori emarginati, riproducono gli schemi dei ca- cicchi ( cacicchismo , inteso come l’esercizio personali- stico del potere, ndr ), legati a una cultura autoritaria che trova analogie in López Obrador. P er quanto riguarda la Chiesa cattolica messi- cana, la sua gerarchia non ha mai nascosto le sue preferenze per i candidati di destra e giudica la sinistra partendo da pregiudizi e paure, soprattutto su temi morali considerati non negoziabili. Mi riferisco a questioni quali il matrimonio omosessuale, l’aborto, l’eutanasia. Fino a un recente passato molti hanno col- locato la Chiesa cattolica nel campo del conservatore Partito d’azione nazionale, in cui hanno militato catto- lici e anche movimenti di estrema destra come Muro e Yunque (gruppi nati negli anni Sessanta , ndr ). Durante l’ultimo processo elettorale, in particolare nelle fasi della campagna, la gerarchia cattolica ha in- vece evitato di sbilanciarsi. Più chiare e profetiche si sono dimostrate molte parroc- chie, comunità di base, collettivi cattolici, comunità reli- giose e gruppi di vescovi, in particolare l’arcivescovo di Guadalajara, cardinale José Francisco Robles Ortega, e i vescovi di Veracruz. Tutti questi soggetti hanno ac- compagnato e guidato il popolo a votare in coscienza. Jorge García Castillo (a cura di Paolo Moiola) © Geraint Rowland
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