Missioni Consolata - Ottobre 2018

«quelli che volle» (3,13), li chiama perché «stiano con lui» (3,14) perché diventino suoi compagni stabili di viaggio. L’episodio dell’indemoniato di Gerasa è istruttivo. Appena guarito, chiede a Gesù di po- terlo seguire, ma Gesù non glielo permette (5,18). Il compito dei discepoli, quindi, era quello di ascoltare il suo in- segnamento, impartito con au- torità, e di vedere le sue opere. La convivenza con Gesù per- mette loro di penetrare pro- gressivamente la sua vera iden- tità (vedi 1,27; 4,41; 6,14; 8,27.29), il mistero del regno (cf. 4,41), e di diventare testi- moni di eventi segreti ed epifa- nici (cf. 5,37.40). L’esperienza di ascoltare e di vedere quello che Gesù dice e fa, finirà con il diventare l’og- getto della loro proclamazione e testimonianza. Saranno infine mandati in tutto il mondo per comunicare le parole che hanno sentito ed operare le stesse azioni che hanno visto. La spiritualità che deriva da questo primo arco di tensione è molto lineare, ma allo stesso tempo molto esigente: elimi- nare tutte le iniziative indivi- duali. Sarà l’epoca del silenzio e della contemplazione di quanto visto e sentito. SECONDO ARCO: ACCETTARE LA CROCE Dalla sommità del monte della trasfigurazione, la voce del Pa- dre risuona: «Questi è il mio Fi- glio diletto, ascoltatelo» (9,7). Dal Padre viene una esorta- zione/comando a prestare ascolto. Né il Figlio né gli altri, al contrario di quanto Pietro si permette di suggerire, possono rimanere sul monte. Tutti de- vono tornare nella valle di Esdralon. Devono camminare in mezzo alle abitazioni delle per- sone e in questo cammino im- parare cosa significa essere di- scepoli di Gesù. I loro occhi pieni delle meraviglie viste sul monte devono ora penetrare il mistero del loro maestro, un maestro diretto verso la croce. I dodici devono imparare ad ac- cettare le conseguenze di es- sere discepoli di un crocefisso. Nel viaggio verso Gerusa- lemme, infatti, Gesù li istruisce sulla passione per tre volte (cf. 8,31; 9,30-31; 10,32-34), per tre volte essi non capiscono (cf. 8,32-33; 9,32-34; 10,32-34), e per tre volte egli paziente- mente riprende a istruirli. La logica della croce richiede di essere disposti a perdere la propria vita (cf. 8,34-38), a farsi piccoli (cf. 9,35-37), a mettersi al servizio degli altri (cf. 10,38- 40.42-45). Anche qui le linee di spiritualità sono molto chiare. Il vero di- scepolo traduce la luce della trasfigurazione in una dinamica di accettazione della croce, e in un sovrabbondante amore per gli altri. Egli deve mettere da parte le proprie iniziative e se- guire le orme del maestro. La spiritualità che qui emerge è un pressante invito a abbando- nare il monte delle ideologie, sociologie e psicologie, e im- primere nel proprio cuore l’ab- bagliante luce della gloria del Padre. Solamente una simile luce aiuterà ciascuno a portare l’inevitabile croce e, attraverso essa, cooperare con Cristo per la redenzione del mondo. TERZO ARCO: RENDERE PRESENTE GESÙ Alla fine del Vangelo la confes- sione-rivelazione avviene ai piedi della croce per opera di un centurione romano: «Vera- mente questo uomo era il Fi- glio di Dio» (15,39). È questo il momento in cui il silenzio impo- sto da Gesù ai demoni (1,34; 3,12) e ai discepoli (8,30; 9,9) si infrange contro l’evidenza dell’amore. Il silenzio ora deve diventare la voce della fede che annuncia la morte e risurre- zione di Gesù. Qui, sotto la croce dove apparire evidente che il Gesù del battesimo e della trasfigurazione è il Figlio di Dio e il rivelatore dell’amore del Padre per l’umanità. L’affermazione programmatica dell’inizio del Vangelo: «L’inizio della buona novella di Gesù Cristo, Figlio di Dio» (1,1) era un’anticipazione del contenuto del Vangelo stesso, che doveva essere predicato a tutte le genti. Durante la vita convis- suta con Gesù, il discepolo ha ascoltato i suoi insegnamenti e ha visto le sue opere. Infine ri- conosce in lui il Figlio di Dio. Nutritosi alla scuola del Mae- stro e trasformato dalla convi- venza con lui, il discepolo deve raccogliere il comando del ri- sorto e farsi missionario itine- rante lungo le strade del mondo, per testimoniare quanto Gesù ha fatto e inse- gnato. Dalla sua esperienza, il missionario deve irradiare la luce della trasfigurazione e con essa riscaldare i cuori dei suoi fratelli e sorelle. Si guardi bene egli dall’aggiungere del suo: deve solo rendere presente il Cristo in tutti i sentieri della storia. Antonio Magnante OTTOBRE2018 amico 75 AMICO.RIVISTAMISSIONICONSOLATA.IT George Martell_TheGoodCatholicLife.com da BostonCatholic/Flickr.com

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